Paesi del Golfo, per Israele un’opportunità
La Conferenza “Peace to Prosperity” in Bahrein, con al centro la questione israelo-palestinese è stata per lo più criticata dai media internazionali. La due giorni in corso a Manama – organizzata da Jared Kushner, genero e consigliere del presidente Usa Donald Trump – è stata l’occasione per la Casa Bianca per presentare il proprio piano per rilanciare l’economia palestinese e riaprire i negoziati di pace. Un piano definito da diversi analisti come irrealizzabile (50 miliardi di dollari la cifra da raccogliere tra Stati Uniti e paesi del Golfo), criticato perché non tocca le grandi questioni politiche (l’esistenza o meno di uno Stato palestinese, Gerusalemme, i profughi) e rifiutato dall’Autorità nazionale palestinese ancora prima d’essere svelato. Gli interrogativi sulla realizzabilità del piano di Kushner rimangono aperti. Il genero di Trump, in apertura di conferenza, si è rivolto direttamente ai palestinesi: “La pace può essere raggiunta solo se si tratta di un percorso che permetta alle persone di migliorare la propria vita. Perseguire le opportunità invece di incolpare gli altri per le proprie attuali sfortune… I palestinesi hanno intelligenza, perseveranza, forza in abbondanza… Il mio messaggio (a loro) è: nonostante quello che vi dicono quelli che vi hanno deluso in passato, il presidente e gli americani non hanno rinunciato a voi”. I palestinesi hanno risposto protestando per le strade e affermando, attraverso l’Autorità nazionale palestinese, che senza la previsione di “uno Stato palestinese e la fine dell’occupazione israeliana” non si siederanno a parlare (anche se alcuni imprenditori palestinesi in Bahrein hanno scelto di andare). In questo quadro, Israele osserva e intanto incassa dei risultati positivi sul fronte delle relazioni con i paesi del Golfo, con cui non ha relazioni ufficiali. Non ci sono politici israeliani a Manama ma ci sono uomini d’affari e giornalisti, è questo appare già come un successo diplomatico: l’ultima volta che agli israeliani è stato permesso di visitare ufficialmente la capitale del Bahrein era il 1993 ed erano stati firmati gli accordi di Oslo sul prato della Casa Bianca. “Decine di uomini d’affari dei paesi arabi si sono trovati a proprio agio a chiacchierare con le controparti israeliane, apertamente e in presenza di giornalisti”, ha raccontato Noa Landau su Haaretz, sottolineando come ci siano “molte questioni politiche ed economiche complesse da cercare di risolvere, ma il fatto che la conferenza si stia svolgendo fa sperare in una maggiore cooperazione tra Israele e i suoi vicini arabi. Se non proprio ‘normalizzazione’ o riscaldamento delle relazioni, può essere l’inizio di una sorta di riavvicinamento, in cui condividere conoscenze ed esperienze”.
La miglior dimostrazione di questo avvicinamento è la scelta del ministro degli Esteri del Bahrein Khalid bin Ahmed al Khalifa di farsi intervistare per la prima volta da un emittente israeliana, Kan. Al microfono con il giornalista Barak Ravid, il ministro ha detto di aver accettato per poter “parlare direttamente al pubblico in Israele” perché “è così che si risolvono le controversie” (l’intervista sarà trasmessa in serata in Israele).
Daniel Reichel