Haifa, comunità etiope in rivolta“Basta violenza contro di noi”
Giorni di protesta e cordoglio a Haifa, dove domenica 30 giugno un giovane membro della comunità etiope Solomon Tekah, 19 anni, è stato ucciso da un agente della polizia non in servizio. L’incidente sarebbe nato da un diverbio e, secondo alcuni testimoni, l’agente – ora agli arresti domiciliari – non era in pericolo quando ha sparato al giovane. “Un poliziotto non ha il diritto di sparare a mio figlio, come puoi sparare a un essere umano?”, le parole di Worka Tekah, padre di Salomon, durante il funerale del figlio a cui hanno partecipato in queste ore centinaia di persone. “Come può accadere a noi? In cosa siamo diversi? Siamo etiopi, non siamo bambole, abbiamo anche una voce, rispettiamo le leggi qui”, ha proseguito Tekah esprimendo il dolore e la rabbia di una comunità intera. Parlando con i media locali, un amico della famiglia, Asaf Kovna, ha dichiarato: “Worka vuole essere, chiede di essere l’ultimo genitore a dover seppellire suo figlio. Siamo bravi soldati, siamo persone morali. Non siamo venuti in Israele per vedere uccidere i nostri figli. Non abbiamo fatto questo viaggio e pagato un prezzo così caro per arrivare in questo amato paese perché i nostri figli morissero in tenera età e venissero uccisi davanti ai loro fratelli, davanti ai figli”.
Nuove proteste sono previste lungo la giornata e la polizia ha alzato i livelli di guardia. “Da questo momento nulla sarà più come prima”, ha detto a ynet Rachel Gil Yosef, una delle organizzatrici della protesta esplosa a inizio anno dopo l’uccisione di un altro giovane etiope, Yehuda Biagda. “Quando abbiamo protestato per l’uccisione di Yehuda Biadga, abbiamo avvertito che se non si fosse trattato il problema alla radice, avremmo pianto altri ragazzi, ed eccoci qui. – le parole di Gil Yosef – Mentre le autorità non se ne occupano e il pubblico non presta attenzione, noi contiamo i nostri figli morti. Viviamo nella paura, i genitori sono spaventati per i loro figli”, lo scenario raccontato da Gil Yosef.
Solo alcune settimane fa il direttore generale del Ministero della Giustizia, Emi Palmor, aveva dichiarato al presidente d’Israele Reuven Rivlin che c’erano stati dei progressi nella battaglia per eliminare il razzismo in Israele nei confronti della comunità etiope. Per contrastare il fenomeno – legato a diverse denunce contro la polizia per abuso della forza – era nata un’unità governativa apposita. “Dobbiamo tagliare alla radice il razzismo e altre manifestazioni di discriminazione”, aveva sottolineato Rivlin, che assieme all’allora ministra della Giustizia Ayelet Shaked aveva deciso di perdonare i giovani etiopi che erano stati arrestati durante le manifestazioni di protesta legate ad un altro caso di violenza.
Secondo l’avvocato Elias Inbram: “i poliziotti sembrano credere di vivere ad Harlem – ha spiegato a ynet – Ci sono parecchi giovani che hanno paura di camminare per strada. Quelli di origine etiope hanno manifestato finora in modo moderato, tranquillo e non violento, ma dopo Yehuda Biadga e Solomon Teka la loro pazienza è finita e i rapporti tra loro e la polizia israeliana stanno peggiorando”.
Daniel Reichel