Sicurezza digitale, l’Italia guarda a Israele
“La tecnologia continua a svolgere un ruolo profondo nel plasmare il panorama globale dei rischi per gli individui, i governi e le imprese”, si leggeva nel Global Risks Report 2019, indagine compilata per il World Economic Forum e incentrata sull’analisi di quali possano essere i maggiori pericoli per gli equilibri internazionali. Tra questi, gli esperti interrogati hanno citato al quarto e al quinto posto la “frode online su larga scala e il furto di dati” e i “cyberattacchi”: ad essere possibili bersagli, i privati così come le grandi aziende e gli enti statali. “Le vulnerabilità informatiche possono provenire da direzioni inaspettate, come dimostrato nel 2018 dalle minacce di Meltdown and Spectre, che hanno comportato debolezze nell’hardware dei computer piuttosto che nei software. – rilevava l’indagine – Hanno potenzialmente colpito ogni processore Intel prodotto negli ultimi 10 anni. L’anno scorso ha dimostrato anche che gli attacchi informatici rappresentano un rischio per le infrastrutture critiche”, avvertono gli esperti.
Tra i paesi in prima fila nel confrontarsi con le minacce online, c’è notoriamente Israele. Oltre a collaborare con superpotenze come gli Stati Uniti, il paese – spiegava di recente Forbes – sta assistendo realtà più piccole (ad esempio Singapore) e creando oltre 300 startup dedicate alla sicurezza informatica. L’anno scorso Israele ha esportato prodotti di sicurezza informatica per un valore di 6,5 miliardi di dollari, convincendo più di 30 multinazionali ad aprire centri locali di Ricerca e Sviluppo, e attirando investitori stranieri. Ed è in questo tessuto che si è sviluppato il progetto dell’Università degli hacker di Tel Aviv, che collabora con diverse istituzioni accademiche israeliane per formare esperti di sicurezza informatiche e che ha in cantiere di aprire una succursale in Italia. Come spiegava l’ambasciatore d’Israele Ofer Sachs in un incontro sulla cybersecurity dello scorso autunno, negli ultimi anni “Israele e Italia hanno intensificato la cooperazione nella protezione dagli attacchi cyber e la difesa dei dati sensibili, con l’obiettivo di creare forti relazioni bilaterali sia a livello governativo che industriale”. L’intento è di “Formare reti, rafforzare alleanze e creare nuove connessioni”. Una di queste è la citata Università degli hacker, ideata negli anni ’90 da Gil Adani e il cui obiettivo, sul fronte educativo, è offrire “alle università e alle istituzioni accademiche solidi programmi di formazione continua in cybersecurity”. L’azienda è diventata un punto di riferimento internazionale in questo campo con collaborazioni negli Stati Uniti, Francia, India, Austria e Russia. Il numero annuo di studenti HackerU è di oltre 4.000 persone (per un totale di circa 80.000). “Sono un programmatore dall’età di 15 anni” ha raccontato in un’intervista Adani, spiegando di aver lanciato HackerU subito dopo l’università. “A quei tempi (nel 1996) c’era una grande carenza di mano d’opera in questo campo, era l’inizio del boom, e l’unico modo per imparare a programmare era quello di fare l’università che non dava però le competenze che il mercato richiedeva. Per prima cosa, HackerU era alla ricerca di laureati altamente qualificati con ottime capacità di comunicazione. Li abbiamo formati per sei mesi e li abbiamo fatti assumere alle aziende che ne avevano disperatamente bisogno. Nel corso degli anni abbiamo offerto un maggior numero di specialisti in programmazione informatica, sicurezza, che comprendono a fondo il loro lavoro. Da allora facciamo le stesse cose, aprendo nuove nicchie e nuovi uffici”. Uno di questi nuovi uffici dovrebbe essere in Italia: a Robert Hassan è stato infatti affidato l’incarico di aprire all’azienda il mercato italiano.
A prescindere dai player internazionale, la cybersecurity rimane un tema di primaria importanza, per Israele così come per l’Italia. Secondo il Documento di Sicurezza Nazionale del 2018 la minaccia cyber rappresenta un serio rischio per gli interessi economici, scientifici e militari del nostro paese. E servono strumenti per contrastare questa minaccia.