Israele al voto: “Festa della democrazia”

Schermata 2019-09-17 alle 12.26.02In queste ore oltre sei milioni di israeliani sono chiamati ad esercitare il proprio diritto di voto e recarsi alle urne per nominare i propri rappresentanti alla Knesset, il parlamento d’Israele. Si tratta della seconda volta in pochi mesi: il tentativo in primavera di dare un nuovo governo al paese era infatti finito con uno scioglimento immediato e imprevisto del parlamento. La speranza dell’elettorato è che lo stallo non si ripeta e che dalle urne – che chiuderanno alle 22.00 locali (21.00 italiane) – esca un vero vincitore. A contendersi il primato il Likud del Premier uscente Benjamin Netanyahu e il partito Kachol Lavan di Benny Gantz. Entrambi in queste ore stanno invitando la popolazione a recarsi nei propri seggi e votare. L’affluenza registrata al momento è superiore rispetto a quella di aprile e potrebbe favorire proprio i due partiti più grandi mentre per realtà come la sinistra laburista o Meretz e l’estrema destra di Otzmah Yehudit ogni voto conta per poter superare la soglia di sbarramento del 3,25%. “Buongiorno concittadini. Di solito auguro a tutti noi una felice giornata di elezioni, ma di recente abbiamo festeggiato un po’ troppo spesso. In ogni caso, non dimentichiamo che oggi è una festa, la festa della democrazia”, il messaggio ai suoi concittadini del Presidente d’Israele Reuven Rivlin (nell’immagine in un incontro odierno con i membri della Commissione elettorale), il quale potrebbe avere un ruolo decisivo in questa tornata elettorale. Diversi analisti israeliani sostengono infatti che lo stesso Rivlin, in caso si ripeta lo stallo di aprile e dunque non vi sia un vincitore chiaro tra Netanyahu e Gantz, lavorerà per formare un governo di unità nazionale. Un’opzione a cui Kachol Lavan sembra favorevole salvo un prerequisito: Netanyahu non potrà essere il Primo ministro. Lo ha ribadito a poche ore dal voto uno dei membri di spicco del partito di Gantz, Moshe Yaalon, ex capo di Stato maggiore e già ministro della Difesa in un governo Netanyahu. Il veto non è legato, almeno nelle dichiarazioni di Yaalon, solo alla guida del paese non per un eventuale altro incarico all’interno del governo per il Premier uscente. Il Likud però non prende nemmeno in considerazione questa possibilità con diversi ministri a ribadire quella che è il mantra del partito da anni: Rak Bibi, solo Bibi (Netanyahu).
Chi spera di migliorare la propria situazione rispetto ad aprile sono Israel Beitenu di Avigdor Lieberman e la compagine che unisce i partiti arabi. Il primo, che conta sul voto dell’elettorato russo, ha portato avanti una campagna all’insegna della laicità e ha attaccato in modo aggressivo i partiti religiosi: anche in queste ore ha invitato gli elettori a recarsi alle urne, affermando che altrimenti vi sarà un nuovo governo in mano ai haredi (peraltro è la stessa affermazione ma al contrario che sta divulgando la leadership dei partiti religiosi: “se non andate a votare, l’ebraicità dello Stato è a rischio”, il loro messaggio allarmato). Per Lieberman ottenere tra gli 8 e i 10 seggi (ne aveva ottenuti 5 ad aprile) costituirebbe un successo importante e renderebbe la sua posizione determinante per un futuro governo a trazione Likud o Kachol Lavan. I partiti arabi invece, attaccati in queste ore da Netanyahu come già nelle scorse elezioni, sperano di diventare il terzo partito della Knesset: in primavera l’elettorato arabo aveva quasi disertato le urne mentre questa volta, spinto anche dagli attacchi dell’attuale premier, potrebbe scegliere di esercitare il proprio diritto.

d.r.