“Governo di unità nazionale, miglior opzione possibile per Israele”
“L’unica formula possibile mi sembra quella di un governo di unità nazionale. I due partiti maggiori, in attesa dei risultati definitivi, sembra usciranno dalle urne con un pareggio perfetto: 32 a 32 tra Netanyahu e Gantz. Un accordo tra loro è la soluzione più razionale”. Così l’analista e demografo Sergio Della Pergola, docente dell’Università Ebraica di Gerusalemme, parlando a Pagine Ebraiche all’indomani del voto in Israele. La sua valutazione, condivisa da Gideon Rahat, esperto dell’Israel Democracy Institute nonché professore di Scienze politiche all’Università Ebraica, e da Neri Zilber, analista per diverse testate americane tra cui New York Times, Politico, Daily Beast. Per tutti e tre l’opzione dell’unità nazionale è la strada più scontata ma i due grandi sfidanti, il Primo ministro uscente Benjamin Netanyahu e l’ex capo di Stato Maggiore Benny Gantz, dovranno trovare una quadra per accontentare le proprie aspettative personali e quelle dei membri dei rispettivi partiti. “Quel che è chiaro è che da queste elezioni Netanyahu esce indebolito – spiega Della Pergola – Il fatto di non aver ottenuto la maggioranza è un duro colpo alla sua immagine e potrebbe essere l’inizio della sua fine politica. Ricordiamoci che nell’ultima brevissima Knesset aveva 39 seggi, oggi ne ha 7 in meno. I suoi elettori hanno cominciato a lasciarlo. Nel mentre però ha ancora delle carte da giocare: credo si farà, come già avvenuto negli anni ’80, un governo di unità con una rotazione alla guida Netanyahu-Gantz”. Zilber sottolinea invece una contraddizione delle ultime ore: “È la seconda elezione in pochi mesi che veniva definita un referendum su Netanyahu e ed è la seconda volta che lui fallisce la vittoria ma nessuno – non Gantz, non Liberman, non qualsiasi funzionario del Likud – lo ha apertamente invitato ad andarsene a casa. Almeno per ora”.
Della Pergola così come Rahat sottolineano intanto il ruolo che avrà il Presidente Reuven Rivlin in questo gioco di equilibri: “Rivlin spinge per la formazione di un governo il prima possibile per dare al paese stabilità – sottolinea Rahat – e farà da mediatore probabilmente nelle trattative”. Ovvero potrebbe fare in modo che Kachol Lavan tolga il veto su un Netanyahu dentro al governo, mantra della sua campagna elettorale. “La coabitazione Gantz-Netanyahu sarà difficile – spiega Della Pergola – e chi alla fine otterrà più voti rivendicherà per sé un ruolo preminente, chiedendo ad esempio di essere il primo nella rotazione della premiership. Poi ci sarà da accontentare i propri compagni di partito: lì si giocherà la partita più difficile, le stanze sono poche e gli appetiti sono molti”.
Chi auspica che il governo di unità nazionale diventi realtà è Astorre Modena, fondatore del fondo di investimenti israeliano Terra Venture Partners. Un’opinione già espressa in primavera a Pagine Ebraiche e ancor più vera in questa nuova situazione di stallo politico: “immagino che le trattative saranno molto complicate ma il paese ha bisogno di riforme strutturali urgenti, dal caro vita al tema dell’istruzione alle infrastrutture. Per portarle avanti una maggioranza formata dai due partiti maggiori mi sembra ottimale”.
“Speriamo di non fare come la Spagna: un’altra elezione sarebbe ridicola e un danno per il paese. – sottolinea Rahat – C’è una divisione all’interno del paese tra Pro-Netanyahu e contro-Netanyahu ma deve essere risolta e superata”. Per Rahat come per Della Pergola, grande vincitore di questa elezione è Avigdor Lieberman che è riuscito a raddoppiare i seggi alla Knesset a disposizione del suo partito, Yisrael Beitenu, in pochi mesi. “Lieberman ha reinventato se stesso, ha lasciato la destra di Netanyahu e si è presentato come un’alternativa sempre a destra ma laica. È un falco laico è rappresenta alla perfezione l’elettorato russo”, spiega Rahat. “Lieberman è diventato un ponte tra laici, spesso identificati nella sinistra, e i falchi, spesso identificati nei religiosi, e si è creato il suo spazio. Ora potrà incidere molto di più che in passato sul futuro del paese e ha già dato il suo benestare a un governo di unità nazionale laico”.
Tra chi ha gioito dei risultati elettorali, la lista araba israeliana che ha incrementato i propri seggi, diventando terzo partito alla Knesset.“Molti elettori arabi pensavano di non andare a votare ma in queste ore vedo che il vento è cambiato – spiegava Eyad Jaber, maestro di arabo di un villaggio vicino Afula (nord d’Israele), a Pagine Ebraiche a urne ancora aperte – ma in molti hanno capito che questo avvantaggerebbe chi come Netanyahu ha basato buona parte della sua campagna proprio contro gli arabi. Il nostro mondo ha cominciato a capire che per contare nella democrazia israeliana bisogna votare, bisogna farne parte. La strada è ancora lunga ma noi chiediamo soprattutto attenzione. È come in classe: gli studenti che non ascoltano e non capiscono non devono essere emarginati perché altrimenti creeranno problemi ma hanno bisogno di attenzione, che le cose gli vengano spiegate. E così inizieranno a far parte della classe, e, guardando più in grande, della società”.
Una grande lista araba fa parte di quello che per Della Pergola dovrebbe essere il futuro politico di Israele, fatto di grandi partiti: “Non siamo più nel dopoguerra, basta con piccoli interessi, servono forze di ampio respiro: penso a un grande partito di destra, uno di sinistra, uno religioso e uno arabo”. Forse, sottolinea il demografo, queste elezioni hanno messo il primo passo per questo nuovo scenario per la democrazia israeliana.
Daniel Reichel