Israele torna al voto il 2 marzo
La politica israeliana segna un nuovo record negativo nella sua storia: il prossimo 2 marzo, per la terza volta in meno di un anno, il paese sarà costretto a tornare alle urne per scegliere i suoi rappresentanti alla Knesset, il parlamento israeliano. Non era mai accaduto e il popolare quotidiano Yedioth Ahronoth esprime in modo chiaro il sentimento di molti cittadini titolando oggi a caratteri cubitali: “Vergogna” (nell’immagine in basso). Sullo sfondo, i volti dei tre politici considerati responsabili di questa crisi politica: il Primo ministro in carica Benjamin Netanyahu, il leader di Kachol Lavan Benny Gantz e il leader del partito Yisrael Beitenu Avigdor Lieberman. Ciascuno dei tre in queste ore sta addossando agli altri la responsabilità di quello che rimane un fallimento che costerà parecchio alle casse dello Stato. Dal dicembre 2018 Israele è guidata da un governo provvisorio e questo ha comportato una sostanziale impossibilità di confrontarsi con problemi seri per il paese: un deficit di oltre undici miliardi di dollari, con gli ospedali, le infrastrutture dei trasporti e le scuole sottofinanziati, secondo alcune inchieste giornalistiche. Una situazione complessa di cui nessuno dei partiti vuole ovviamente prendersi la responsabilità ma, stando ai sondaggi, gli israeliani hanno ben chiaro contro chi puntare il dito: il 43% degli intervistati, in un sondaggio dell’Israel Democracy Institut, considerava a fine novembre Netanyahu “il principale responsabile del fatto che negli ultimi due mesi non è stato formato alcun governo”. Il 38 accusava Lieberman mentre solo il 7 riteneva Gantz responsabile per il fallimento delle trattative.
Con questo dato in mano, riprende dunque la campagna elettorale in Israele (in realtà mai terminata) e i partiti si preparano per una nuova elezione che, ancora guardando i sondaggi, non sembra promettere grandi rivoluzioni. Le proiezioni danno infatti Kachol Lavan di Gantz avanti (37 seggi contro 33 del Likud) ma comunque non in grado di raggiungere i 61 seggi per avere la maggioranza alla Knesset e formare un governo senza il Likud. Quest’ultimo è nella stessa situazione (il blocco di destra non ha la maggioranza secondo i sondaggi dell’emittente Kan) ma con un capo, Netanyahu, che deve affrontare una pesante ombra: l’incriminazione per corruzione, frode e abuso d’ufficio ufficializzata lo scorso 22 novembre. Netanyahu dovrà anche affrontare una sfida all’interno del Likud, con le primarie del prossimo 26 dicembre in cui sarà sfidato da Gideon Sa’ar. “C’è un bisogno nazionale di una svolta che ponga fine alla crisi politica in corso, permetta la formazione di un governo forte e di unire il popolo di Israele”, ha dichiarato Sa’ar affermando che Netanyahu non è più in grado di formare un governo. In pochi hanno però sostenuto la rivolta di Sa’ar contro il leader e con ogni probabilità il Likud si ripresenterà con Netanyahu alla guida il prossimo 2 marzo.