Likud e Lista araba premiati dai sondaggi
ma nessuno ha i numeri per governare

voto thumbA ventiquattro ore dalle elezioni, i sondaggi in Israele non cambiano di molto e prevedono un sostanziale equilibrio tra i due partiti maggiori: il Likud di Benjamin Netanyahu e Kahol Lavan di Benny Gantz sono molto vicini infatti. Secondo le proiezioni del Canale 12 il Likud dovrebbe ottenere 35 seggi, rafforzandosi rispetto alle previsioni precedenti, mentre Kachol Lavan dovrebbe ottenere 33 seggi. In ogni caso, nessuno dei due avrebbe i numeri per raccogliere attorno a sé la maggioranza necessaria (61 seggi su 120 complessivi) per guidare il paese. Ovvero si replicherà quanto già accaduto nelle precedenti due elezioni di aprile e settembre 2019: uno stallo politico che grava sull’economia e sul futuro del paese. In questo equilibrio apparentemente senza via d’uscita visto che né Netanyahu – che il 17 marzo dovrà anche confrontarsi con l’inizio del suo processo per corruzione e frode – né Gantz sembrano disposti a trovare un accordo per un governo di unità nazionale. Un’opzione a lungo accarezzata – e auspicata anche dal Presidente Reuven Rivlin – dopo il voto di settembre ma non concretizzatasi. La pressione dell’opinione pubblica, stanca di essere continuamente chiamata in causa, e il costo economico dell’impasse potrebbero portare a un accordo: né è sicuro Chaim Levinson di Haaretz ma il 38 per cento degli israeliani teme un quarto giro di elezioni. E mentre i grandi contendenti si sfiancano a vicenda, chi veramente sta consolidando la propria posizione è la Lista araba (Lista unita): i sondaggi di Canale 12 la danno a 14 seggi (ad aprile ne ha ottenuti 13) mentre il Canale 13 a 15. La compagine che riunisce i partiti arabi è diventata così la terza forza della Knesset, dando voce a quel 20 per cento della popolazione araba d’Israele. A lungo disuniti e considerati poco efficaci dal loro stesso elettorato, i politici della Lista unita hanno sfruttato l’aggressiva campagna del Likud contro di loro per creare un fronte comune. Nelle elezioni di settembre il 60% per cento degli elettori arabi si è recato alle urne, quasi il 10% in più rispetto al voto in primavera e sono stati spinti, almeno nella lettura di uno dei leader della Lista Unita, Ayman Odeh, dalla retorica di Netanyahu. Ora Odeh e gli altri leader arabi puntano a far salire quel numero a 65%-67% e impedire al Likud di ottenere i numeri per governare.
“Tutti i capi dei consigli locali arabi usciranno lunedì per aiutare a sconfiggere Netanyahu”, ha predetto Odeh in un’intervista all’emittente Kan. “Se vinciamo 16 seggi, Netanyahu non avrà un governo”. Non è chiaro però se la Lista unita darà il suo appoggio allo sfidante Gantz: “deve cambiare direzione, si è spostato a destra”, la tesi della leadership araba. Gli analisti prevedono come possibile un sostegno esterno da parte della Lista a un governo guidato da Gantz e formato dai partiti di sinistra e da Avigdor Lieberman (Israel Beitenu). Quest’ultimo ha espresso chiaramente di non voler sedere con Netanyahu ma ha anche espresso più volte la sua avversione nei confronti della lista araba. Il voto di domani inizierà a delineare gli equilibri e l’opinione pubblica, salvo imprevisti, si prepara a nuove estenuanti trattative con la speranza di avere alla fine un governo e che la terza sia effettivamente la volta buona.