“Nel bene e nel male, nelle mani di Bibi”
Le elezioni in Israele viste dagli italkim

Sul fatto che abbia vinto Benjamin Netanyahu gli italkim, la comunità degli italiani d’Israele, sono concordi. Sugli effetti della vittoria del leader del Likud invece le visioni sono molto diverse ed eterogenee. Per l’architetto David Cassuto, già vicesindaco di Gerusalemme, la “grande vittoria di Netanyahu è la dimostrazione che una grossa fetta di israeliani sta dalla sua parte, che il pubblico lo apprezza per quello che ha fatto per il paese, rafforzandolo dal punto di vista della sicurezza e dell’economia. E gli ha conferito la fiducia necessaria per proseguire su questa strada”. Per il demografo Sergio Della Pergola, “la differenza cruciale oggi sta fra 59-60-61 seggi (lo spoglio non è ancora terminato). Se Netanyahu arriva a 61 seggi secondo me ci sarà un cambiamento di regime e l’inizio di una Seconda Repubblica non più parlamentare. Ci sarà un regime populista e popolare in cui, per eliminare i processi di Netanyahu, sarà cancellata l’autonomia dell’autorità giudiziaria, che sarà emanazione del potere legislativo, che sarà emanazione dell’esecutivo, che sarà emanazione del leader”. “Bibi si irrita se viene paragonata a Erdogan – la posizione di Della Pergola – ma quella è la direzione”. D’accordo Patrizia Campagnano, elettrice di Kachol Lavan – incidentalmente, tra coloro che, dopo un passaggio in Italia, hanno votato con misure speciali perché sottoposti alla quarantena per il coronavirus (circa 5mila persone). Lei vede “un paese spaccato e diviso. Netanyahu forse è stato un grande leader, io non condivido le sue idee e speravo nel cambiamento. Siamo molto sconfortati e preoccupati per quello che avverrà ora in Israele e ci chiediamo se questo è ancora un posto per noi”. Molto distante la visione di Miky Steindler, attivo politicamente per il partito Yamina, che si chiede quale posto abbia la sinistra oggi in Israele: “non ha nulla da dire. Il tema di Oslo è sparito dal dibattito politico, i diritti civili sono riconosciuti e il Likud ha per esempio un ministro della Giustizia dichiaratamente omosessuale. La sinistra storica non ha più argomenti con cui fare presa sulla gente. E a dire la verità trovo difficile definire Kachol Lavan di sinistra: dentro a quel partito ci sono Yaalon, Ashkenazi, ex consiglieri di Bibi. Ci sono figure che con la sinistra non c’entrano nulla. Hanno creato una lista per essere alternativi a Netanyahu ma hanno fallito. Lui è uno statista, Gantz no. È stata come una partita tra la Juve e la Pro Vercelli. Senza storia”. Per Steindler e per Cassuto così come per Della Pergola – seppur con prospettive opposte – la prossima sfida di Netanyahu sarà al sistema giudiziario. “Non sono un giurista ma in Israele i poteri della Corte suprema non sono definiti da una Costituzione. Sotto la guida del giudice Aharon Barak i poteri della Corte si sono allargati, toccando temi politici e non giuridici. Credo che ora si arriverà allo scontro”. Per Cassuto il mondo giudiziario è più vicino alla sinistra ed ha “un’impronta politica molto forte. Serve una riforma altrimenti ci sarà una scissione molto forte che segnerà l’intera società”. Come si è visto, per Della Pergola il ragionamento è da ribaltare: le ingerenze arrivano da Netanyahu. “Con la maggioranza alla Knesset farà passare la legge francese che gli permetterà, in qualità di Primo ministro, di non essere processato fino a fine mandato. Solo che in Israele puoi essere ricandidato all’infinito e il processo potrebbe non celebrarsi mai. Un ministro di Netanyahu in televisione ha detto ‘il popolo ha deciso in suo favore e quindi è chiaro il verdetto’. Ma è il popolo che deve fare processi?”.
Sulla campagna elettorale tutti concordi nel sottolineare la bravura di “stanare gli astensionisti e riportare a casa i voti del Likud. Mentre la campagna di Kachol Lavan – afferma Della Pergola – è stata patetica”. Campagnano, da elettrice di Gantz, ammette “non è passato il messaggio del cambiamento e forse non si sono toccati abbastanza i problemi del paese, che pure ci sono: la situazione degli ospedali è catastrofica; quella dei sussidi ai religiosi che crescono in maniera esponenziale e pesano sul welfare; la scuola che necessita di fondi, in cui i bambini sono 35-40 per classe e il cui livello, stando ai risultati dei test Pisa, si è abbassato molto”. Sul fronte opposto anche Steindler critica il suo partito: “ci siamo divisi sui personalismi. Shaked, Bennett e così via non sono stati in grado di fare una proposta chiara al mondo delle kippot srugot (i sionisti religiosi) e a proporsi come alternativa al Likud. E se non sei diverso, tanto vale votare l’originale. Ma ci rifonderemo, noi abbiamo un’ideologia chiara di fondo, abbiamo scuole, abbiamo yeshivot”. C’è un movimento, afferma Steindler, che sul fronte della sinistra non c’è. “Essere contro Bibi non è un messaggio”, sottolinea Cassuto. Eppure è lì la divisione principale. È lui a condizionare il futuro d’Israele. E lo farà ancora una volta.