La Knesset senza il suo presidente
Non era mai successo nella storia d’Israele che un presidente della Knesset si dimettesse. Non era neanche mai successo che ci fossero tre elezioni in un anno. La politica israeliana nell’ultimo periodo sta inanellando diverse prime volte che avrebbe preferito evitare, con una crisi di poteri sempre più complicata da gestire. Ultima, la citata dimissione del presidente della Knesset: Yuli Edelstein ha dato l’inaspettato annuncio del suo passo indietro nelle scorse ore, disattendendo allo stesso tempo un ordine della Corte suprema israeliana. Entro oggi infatti Edelstein, secondo la decisione dei giudici, avrebbe dovuto indire il voto per la nomina del suo successore. Una richiesta fatta da giorni dalla maggioranza parlamentare emersa dalle elezioni del 2 marzo. Una maggioranza non in linea con il partito di cui è membro Edelstein, il Likud, e che è formata da una compagine eterogenea: Kachol Lavan – il partito di Benny Gantz -, la lista araba, i partiti di sinistra e il falco dell’ultradestra Avigdor Lieberman. Tutti chiedono un nuovo presidente che li rappresenti ma Edelstein – ricevendo delle critiche anche dal presidente d’Israele Reuven Rivlin – ha scelto la strada dell’ostruzionismo. Fino ad arrivare al clamoroso passo odierno. Ancor più serio se si pensa che il consulente legale della Knesset, Eyal Yinon, ha spiegato allo stesso Edelstein che le sue dimissioni non lo esonerano dalla necessità di convocare il voto in plenaria per oggi, aggiungendo che se non lo avesse fatto sarebbe stata una scelta nel disprezzo della sentenza della Corte Suprema.
Nonostante questo, riportano i quotidiani israeliani, Edelstein non ha cambiato idea e Yinon ha dovuto informare la Corte della crisi costituzionale in atto: il presidente dimissionario non vuole rispettare l’ordine dei giudici e quindi indire il voto per nominare il suo sostituto.
Secondo Neri Zilber, analista israeliano, le dimissioni di Edelstein avranno due impatti immediati: “il voto per il presidente della Knesset sarà probabilmente rinviato a lunedì. E si perderà altro tempo nelle procedure parlamentari. Kachol Lavan avrà meno tempo per approvare le leggi contro Netanyahu”, afferma Zilber, in riferimento alla proposta della maggioranza di cui sopra, guidata da Kachol Lavan, di votare una norma che impedisca a chi è incriminato di essere nominato Primo ministro. Netanyahu è imputato per corruzione, frode e abuso d’ufficio (il processo che doveva iniziare il 17 marzo, con l’emergenza coronavirus, è stato spostato di diversi mesi) e quindi sarebbe tra i bersagli della norma.
Secondo impatto della decisione di Edelstein, almeno secondo Zilber, “aumentare la percezione pubblica che la Corte Suprema sia di parte e contro la destra israeliana”. Il presidente dimissionario infatti, nell’annunciare la sua decisione, ha duramente attaccato la Corte affermando che “distrugge il lavoro della Knesset”. “La decisione dell’Alta Corte costituisce un grossolano e arrogante intervento della magistratura negli affari del legislatore eletto”, la sua tesi, contestata dalla maggioranza della Knesset, guidata da Benny Gantz. Secondo quest’ultimo, “il Parlamento israeliano appartiene ai cittadini di Israele, e i loro rappresentanti eletti seguiranno le leggi dello Stato di Israele e le sentenze dei suoi tribunali. Nessuno è al di sopra della legge”.