Netanyahu e il confronto con la piazza
Si acuisce lo scontro tra il Primo ministro Benjamin Netanyahu e i manifestanti che da alcune settimane protestano contro di lui. In diecimila la scorsa notte si sono riuniti nei pressi della sua residenza a Gerusalemme, in via Balfour, ma altre manifestazioni si sono tenute in diverse parti del paese con l’unanime richiesta delle dimissioni di Netanyahu. Due le principali accuse contro il Premier: da una parte la cattiva gestione dell’emergenza sanitaria, con la riesplosione della pandemia in Israele e il conseguente aggravarsi della crisi socio-economica, e dall’altra la denuncia di voler mantenere il potere per evitare il processo per corruzione a suo carico. Le manifestazioni sono state per lo più pacifiche come evidenziano le parole dell’ufficiale della polizia di Gerusalemme Ofer Shomer: “le manifestazioni si sono svolte in modo ordinato e rispettoso”. “Un piccolo numero di manifestanti, letteralmente una manciata di 200 persone, è rimasto sul posto e si è rifiutato di lasciare la zona”, ha aggiunto Shomer, parlando di un gruppo di dimostranti rimasto nei pressi dell’abitazione del Premier. “Abbiamo permesso loro di rimanere lì fino alle 2 del mattino, li abbiamo avvertiti e alla fine abbiamo dovuto usare la forza per disperdere la folla”. Dodici persone sono state arrestate ma su questo fronte il clima appare un po’ meno teso rispetto ai giorni scorsi, quando si sono registrati scontri con la polizia ma anche attacchi di attivisti di destra contro i manifestanti anti-Netanyahu. “Il diritto di protestare è un valore prezioso nella nostra cultura democratica, non deve essere danneggiato. È uno dei valori su cui si fonda lo Stato ebraico e democratico, così caro a tutti noi”, aveva dichiarato il Presidente d’Israele Reuven Rivlin chiedendo di abbassare i toni. “La violenza e l’incitamento non sono e non saranno tollerati. Coloro che incitano, coloro che invocano la violenza, coloro che alzano la mano contro i manifestanti, devono e saranno trattati dalle forze dell’ordine secondo quanto prevede la legge. Se avete deciso di aderire a una protesta, qualsiasi protesta, per sostenere qualsiasi idea,, per favore, assicuratevi di farlo in modo da mantenere le distanze di sicurezza e preservare l’ordine pubblico, in coordinamento con la polizia e nel rispetto dello Stato di Israele”. Contro i manifestanti e contro i media si è invece espresso duramente in queste ore il bersaglio delle proteste: Netanyahu, nel corso della riunione di gabinetto, ha infatti parlato di “tentativo di calpestare la democrazia”. “Nessuno sta limitando le proteste, è vero il contrario, noi le stiamo aiutando. Ci sono restrizioni del coronavirus che non vengono applicate, nessuno le sta limitando o cerca di limitarle”, ha dichiarato il Premier, aggiungendo che ad alimentare la manifestazioni sono “soprattutto i media che si sono schierati a favore delle proteste in un modo che non ricordo”. E ancora. “Respingo l’atteggiamento unilaterale della maggioranza dei media. Non riportano le proteste, ma vi partecipano e le alimentano. Non è solo che i media si sono fatti coinvolgere, ma stanno arruolando persone” per farle partecipare, la denuncia di Netanyahu che ha scelto la strada del confronto a muso duro con la piazza. Il Likud si è chiuso a quadrato attorno a lui con diversi esponenti del partito, tra cui il ministro dell’Interno Amir Ohana e il ministro dei Trasporti Miri Regev, che sui social network e sulle emittenti televisive hanno accusato i manifestanti di incitare alla violenza contro Netanyahu. Quest’ultimo, sempre in queste ore, ha detto di aver ricevuto minacce di morte e ha parlato di media da “regime nordcoreano” perché non parlano di questa situazione. Il suo alleato, Benny Gantz, ministro della Difesa e prossimo Premier, è stato molto più cauto, sottolinea l’emittente israeliana Kan. “Come governo, abbiamo la responsabilità di permettere lo svolgimento delle manifestazioni e di proteggere i manifestanti, che purtroppo sono stati attaccati ieri”, ha dichiarato Gantz, richiamando le violenze contro i manifestanti arrivati da esponenti dell’estrema destra (ci sono stati quattro arresti nelle ultime 24 ore su questo fronte). “C’è una paura palpabile che si sta diffondendo tra di noi su ciò che potrebbe accadere. Soprattutto nelle strade laterali, quando lasciamo la protesta dove non c’è la presenza della polizia”, la testimonianza ai media locali di Mor Elyakim, tra le organizzatrici della manifestazione di via Balfour, preoccupata per i citati attacchi contro i dimostranti anti-Netanyahu. Una situazione di tensione dunque, aggravata dalla crisi sanitaria che continua a mordere il paese e tocca indistintamente tutti gli elettori. Quelli favorevoli a Netanyahu, sottolinea però l’autorevole giornalista Nahum Barnea, non hanno ancora perso fiducia nel leader. “Tuttavia, Netanyahu dovrebbe essere preoccupato”, scrive l’analista di Yedioth Ahronoth, perché i suoi elettori “quando pensavano che avesse successo, hanno votato per lui. Ora, alla luce della crisi economica e della fallimentare gestione del coronavirus, stanno iniziando a guardarlo sotto una luce diversa. E (i suoi elettori) non amano i fallimenti”.