“No al lockdown completo d’Israele.
Lavoriamo su zone rosse” 

“È chiaro che tutti capiscono il significato di una chiusura: un danno alla società e all’economia. In questo momento nello Stato di Israele stiamo aspettando rispetto all’adozione di misure drastiche, valutando lo stato di salute della società e del sistema economico”. Non c’è l’intenzione in Israele, per il momento, di adottare misure drastiche per contenere il contagio da coronavirus a fronte di una tensione sociale crescente e un disagio economico sempre più profondo. Lo ha spiegato in queste ore il supercommissario al Coronavirus Roni Gamzu, presentando il piano governativo per gestire la pandemia. I numeri dei positivi sembrano finalmente in discesa: 1689 nelle ultime 24 ore, dopo aver toccato quasi i duemila al giorno. Ma la situazione rimane critica. Gamzu, assieme al suo comitato di lavoro, ha escluso un lockdown generale ma saranno imposte restrizioni significative alle città “zona rossa”, ovvero dove il numero di pazienti affetti da coronavirus è particolarmente elevato. Tra circa due settimane – dati alla mano – sarà riesaminata la possibilità di una chiusura. Nelle città rosse le attuali restrizioni saranno applicate in modo più rigoroso e potranno essere imposte le restrizioni alle istituzioni scolastiche. “Queste città non sono molte, sono 20 città – ha dichiarato Gamzu – Dobbiamo entrare, assicurarci che il pubblico collabori. I cittadini e i vertici delle autorità devono sapere che abbiamo collaborato con loro nel contratto sociale che ci lega. Sappiamo che il pubblico è al limite. La mia richiesta è non di perdere tempo, non ridurre i test e la cooperazione”.