Israele e lo spettro di nuove elezioni

Lo scontro interno al governo israeliano era in atto da tempo. Sin dall’inizio giornalisti e analisti hanno evidenziato le fragilità di un esecutivo nato nel segno della mancanza di fiducia. Quasi nessuno, nel marzo scorso, si è chiesto se l’intesa tra Benjamin Netanyahu (Likud) e Benny Gantz (Kachol Lavan) sarebbe durata. La domanda era fino a quando il governo d’emergenza nazionale avrebbe retto. Ora quel conto alla rovescia sembra arrivato alle battute finali, con lo spettro di nuove elezioni sempre più concreto (quarta volta dall’aprile 2019). Intervenendo in queste ore, il Primo ministro Netanyahu ha dichiarato che, se non saranno rispettati gli accordi tra i partiti della coalizione “non c’è dubbio che le elezioni arriveranno”. Secondo il Premier, il suo alleato Gantz non sta cooperando: “Se vedremo un altro approccio da parte di Kahol Lavan e la cooperazione invece di un governo all’interno di un governo, potremo continuare a lavorare insieme. In caso contrario, credo che tutti capiscano che questo porterà, purtroppo, a un’elezione. Preferirei che fossimo uniti”. A seguito di queste dichiarazioni, il Likud ha poi aggiunto che “Il Primo ministro non vede alcuna ragione per andare alle elezioni”, sostenendo che se si dovesse tornare alle urne, sarebbe colpa di Kahol Lavan. Difficile però vedere l’interesse di Gantz e compagni nel tornare ora alle urne. L’attuale ministro della Difesa, con una fine anticipata del governo, non riuscirebbe a diventare Premier nel novembre 2021 come invece sancito dall’accordo con Netanyahu. Inoltre, sarebbe sicuramente punito dai suoi elettori alle urne: l’intesa con il capo del Likud non è stata gradita da molti e le proiezioni danno attualmente Kachol Lavan a 9 seggi contro gli attuali 14. Il rischio sarebbe dunque l’irrilevanza. Forse anche per questo Gantz in questi giorni si è fatto più battagliero, così come il suo partito. “Quello che viola gli accordi, interrompe le nomine e blocca per mesi il bilancio dello Stato per motivi politici e personali è Benjamin Netanyahu. Non è una coincidenza che in ogni sondaggio, la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica incolpi Netanyahu per l’attesa convocazione di un’elezione – perché è vero. Se non ci fosse un processo, avremmo un Bilancio”, l’aggressiva replica di Kachol Lavan, alle odierne affermazioni del Premier israeliano. Parole che difficilmente indicano la strada verso il dialogo tra le parti. Principale elemento della contesa, sottolinea Haaretz, è l’approvazione del Bilancio: Gantz vuole sia biennale, come indicato nell’accordo di coalizione con il Likud. “Netanyahu è invece determinato ad approvare un budget di un anno, – scrive il quotidiano – il che gli lascerebbe la possibilità di indire un’elezione a giugno se il prossimo Bilancio, per il 2021, non sarà approvato in primavera, prima che Gantz assuma la carica di primo ministro secondo l’accordo di coalizione”. A peggiorare il rapporto tra i due è poi arrivato il recente annuncio da parte di Gantz di stare formando una commissione d’inchiesta sul cosiddetto affare dei sommergibili, un caso di corruzione su cui sta indagando la magistratura e in cui sono coinvolte diverse figure legate a Netanyahu.