Dall’Italia a Israele, tempo di nuovi lockdown
L’Italia è entrata in queste ore in zona rossa e lo rimarrà, con alcune eccezioni, fino al 6 gennaio. Evitare una terza ondata della pandemia è l’obiettivo comune, da Roma a Londra. E anche Gerusalemme si sta organizzando per applicare nuove misure restrittive. Il governo dimissionario guidato dal Primo ministro Benjamin Netanyahu ha infatti deciso di applicare un terzo lockdown nazionale a partire dal 27 dicembre e valido per due settimane. Trascorso questo periodo, “terremo una valutazione generale e vedremo se sarà necessario prolungare il blocco”, ha spiegato il commissario per il coronavirus Nachman Ash (nella foto mentre riceve il vaccino anti-covid). Dal suo punto di vista però, quattordici giorni non basteranno. “Non credo che tra due settimane saremo in grado di conoscere la situazione nazionale né che saremo in grado di avere un netto calo della morbilità”. Al momento in Israele le infezioni superano le 3mila al giorno e il tasso di positività registrato è del 5,7%. L’obiettivo è quello di scendere sotto i 1000 casi giornalieri e il tetto del 3% di positivi riscontrati rispetto ai tamponi eseguiti.
In questo quadro, l’attenzione degli israeliani è dunque dedicata ad organizzarsi per il nuovo isolamento forzato, con un occhio alla crisi politica in corso. Dopo lo scioglimento della Knesset e l’annuncio di nuove elezioni, molto si muove sul fronte dei partiti. Oltre al previsto annuncio di Naftali Bennett, leader di Yamina, di voler essere il prossimo Primo ministro d’Israele (anche se, come in Italia, a votare il premier è il parlamento non i cittadini), la notizia più discussa è la decisione di Zeev Elkin, stretto consigliere di Netanyahu, di lasciare il Likud. In un discorso molto duro, Elkin ha puntato il dito contro il suo ex capo. “Conosci bene la semplice verità: per motivi personali, hai portato ancora una volta il Paese alla quarta elezione in due anni… nel bel mezzo di una pandemia, mentre cerchi di dare la colpa agli altri”, ha detto Elkin. “Andiamo a queste elezioni surreali perché vuoi influenzare [la nomina del] procuratore di Stato e del procuratore generale, e perché speri in una legge francese [che faccia da scudo contro il processo per corruzione]”. Elkin ha annunciato che seguirà un altro fuoriuscito dal Likud, Gideon Saar, e si unirà al suo partito Nuova Speranza. “Elkin non è esattamente un portatore di voti (due anni fa non è riuscito a vincere le elezioni per il sindaco di Gerusalemme) – evidenzia il giornalista Anshel Pfeffer – ma è un politico accorto che non molto tempo fa era abbastanza vicino a Netanyahu. Se sta disertando, è perché pensa che Sa’ar abbia buone possibilità di togliere il posto a Netanyahu”. Secondo Pfeffer inoltre, l’abbandono di Elkin – tanto vicino a Netanyahu da essere stato il suo traduttore ufficiale dal russo negli incontri con il presidente russo Putin – potrebbe innescare nel Likud, il più grande partito del paese, una certa paranoia per possibili nuove diserzioni. Inoltre, “Elkin era responsabile della campagna elettorale ‘russa’ del Likud e ha una profonda conoscenza di come funziona la macchina”.
dr