Israele si prepara alle elezionitra nuovi e vecchi protagonisti
Partiti che nascono, partiti che scompaiono. Comincia a delinearsi la griglia di partenza per le prossime elezioni in Israele. Oltre al Likud del Primo ministro Benjamin Netanyahu, stabilmente in pole position e sempre la compagine da battere, alle urne il 23 dicembre si presenteranno diverse nuove formazioni: da Tikvah Hadasha (Nuova speranza) dell’ex Likud Gideon Saar al recentissimo partito HaIsraelim (Gli israeliani) del sindaco di Tel Aviv Ron Huldai. Il primo cittadino ha annunciato nelle scorse ore la sua partecipazione alle elezioni nazionali, andando ad ingrossare le fila dello schieramento che i media israeliani chiamano “rak lo Bibi” (solamente non Bibi, soprannome di Netanyahu). Cresciuto nei laburisti, Huldai ha scelto di candidarsi in autonomia visto il destino di totale ininfluenza – se non scomparsa – che si prefigura davanti allo storico partito della sinistra d’Israele. Il Labour di David Ben Gurion, che ha costruito le fondamenta del paese, è infatti prossimo all’estinzione, almeno secondo i sondaggi. Da qui l’oculata decisione del 76enne Huldai di mettersi in proprio, cercando di attirare i voti dei disorientati elettori di sinistra. La sua piattaforma sarà sostanzialmente lo specchio di come ha gestito Tel Aviv in questi anni (città che guida dal 1998): nel segno della laicità e del progressismo. La prosperità della Città che non dorme mai, riconosciuta a livello internazionale come cuore pulsante dell’hi-tech e del divertimento, sarà il suo biglietto da visita. Non abbastanza, secondo Anshel Pfeffer di Haaretz, per spostare in modo significativo i consensi degli israeliani dalla sua parte. “Non ha visione, non ha un piano e non c’è un motivo convincente per votare per lui”, afferma Pfeffer, allargando il discorso agli altri partiti che si contendono il voto del centro e della sinistra. Quindi Yesh Atid di Yair Lapid, il Meretz, il fantasma laburista, il partito di un ex Yesh Atid (Ofer Shelah), e Kachol Lavan. Quest’ultimo è il protagonista della tragicommedia politica più impressionante del paese, almeno nella descrizione degli analisti locali. Non c’è infatti commentatore che non preveda la scomparsa di Kachol Lavan, passato dall’essere nelle ultime tre elezioni il primo contendente di Netanyahu al partito degli abbandoni. Ultimo in ordine temporale, quello di Avi Nissenkorn, ministro della Giustizia dimissionario che ha scelto di lasciare l’ex leader Benny Gantz e candidarsi con Huldai. Altri tre parlamentari hanno già fatto lo stesso, e il prossimo a lasciare dovrebbe essere l’attuale ministro degli Esteri Gabi Ashkenazi. Tutti i politici di maggior peso e visibilità dunque non vogliono più fare squadra con Gantz, capitano solitario di una nave che cola a picco (secondo i sondaggi, rischia seriamente di non entrare in parlamento a marzo). Nonostante questo, l’ex generale ha detto che alla griglia di partenza a marzo ci sarà, rivendicando di aver salvato il paese grazie all’accordo siglato con Netanyahu e al conseguente governo costruito con l’avversario. Un governo durato nove mesi e in cui, dicono i critici, Gantz non ha mai realmente avuto un ruolo. Spetterà alle urne dimostrare il contrario, altrimenti in soli due anni l’ex generale passerà da contendete alla leadership a disoccupato della politica. Chi dalla politica per il momento si tiene lontano è un altro generale, Gadi Eizenkot. L’ex capo di Stato maggiore – carica ricoperta anche da Gantz – sembrava pronto per candidarsi e invece ha annunciato in queste ore di voler aspettare.
dr