Israele, minoranze da scoprire

Chi conosce Israele da vicino, o meglio ancora da dentro, sa bene che questo è il paese più assimilabile ad un mosaico. Anche solo prendendo in considerazione la popolazione ebraica, vivono qui da anni, decenni, quando non da secoli interi, persone provenienti dai più vari e lontani angoli del mondo. Ma al di là degli ebrei, e degli arabi palestinesi che erano già qui al momento della fondazione dello stato, ci sono un numero notevole di altre minoranze, religiose e culturali, riconosciute dallo Stato d’Israele ma molto spesso sconosciute ai più. Un esempio eclatante sono i Samaritani, che di certo a leggerne il nome sembra si stia parlando al passato remoto, e invece sono poche centinaia ma vivi e vegeti, professano la loro religione, celebrano i loro riti e vivono le loro vite all’interno di due piccole comunità. E senza arrivare a gruppi così piccoli, a dire il vero anche le minoranze numericamente più rilevanti sono ben poco conosciute.
L’Adei-WIZO ha deciso di partire per un viaggio di scoperta delle minoranze in Israele, un viaggio che per necessità prende la forma di trasmissioni zoom, con una visita virtuale che si è tenuta domenica pomeriggio, sotto la guida competente e piacevole di Giordana Moscati Mascetti. Giordana, romana di origine, ha un PhD in Storia Ebraica Antica dall’Università di Bar Ilan, ed è guida turistica certificata, titolo che ha utilizzato con successo e soddisfazione a partire dal 2000.
In linea con le finalità dell’organizzazione, che propone molte e diverse attività sempre con il fine di raccogliere fondi a favore di progetti in Israele, l’Adei-WIZO ha sviluppato questa iniziativa come canale per far arrivare offerte in occasione della festa di Purim ad un progetto di grande attualità e urgenza, quello dei rifugi per donne e i loro bambini in situazioni di difficoltà o effettivo pericolo. Con le donazioni si contribuiva a comprare giocattoli per i bambini nei rifugi, in un momento così complesso come quello che può essere la lunga e faticosa gestione dell’emergenza sanitaria, che anche in Israele è ben lontana dall’essere risolta.
La visita virtuale tenutasi domenica ha presentato “I beduini in Israele: una società sospesa fra tradizioni e modernità”, con una introduzione di Giordana che ha aiutato gli ascoltatori a collocare i beduini nella geografia e storia d’Israele, e a conoscerne le pratiche tradizionali, seguita da un’intervista ad una donna beduina di Lod, Amal Alturee, che con la propria storia rappresenta perfettamente quell’essere in sospeso fra tradizioni e modernità. Amal ha un Master a Bar Ilan, figlie che studiano all’università all’estero, e una carriera prima come insegnante e oggi come traduttrice per pazienti e parenti presso Tel HaShomer, uno degli ospedali più importanti d’Israele. Se la storia di Amal può essere sorprendente, bisogna considerare però che è stato suo padre a mostrare la via, stabilendosi a Lod e spingendo le sue cinque figlie a studiare, per diventare donne indipendenti e non soggette alla sola volontà dei mariti. Se oggi una storia come la sua può esistere è grazie al fatto che parte delle famiglie beduine vivono oggi immerse o comunque estremamente esposte alla società israeliana moderna, occidentale, che mette ai primi posti per importanza l’educazione e il successo professionale. I cambiamenti che questo provoca non sono di facile gestione: passare dalla tenda nel deserto ai viaggi all’estero, alle automobili, ai ristoranti, può provocare un rifiuto anche violento da parte di alcuni. Ma come dimostra la storia di Amal, il progresso non si ferma. E quando il progresso passa per l’educazione e la conseguente indipendenza delle donne, anche una società tradizionale come quella beduina può acquisirlo e farlo suo, a poco a poco.

Daniela Fubini