Israele, quattro elezioni e una costante
nessuna maggioranza all’orizzonte

Quattro elezioni in due anni e stesso risultato. Israele non ha una maggioranza chiara, nonostante l’ennesimo tentativo di cambiare gli equilibri. Nonostante una pandemia che avrebbe dovuto cambiare gli orizzonti. Il successo della campagna vaccinale ha garantito al Primo ministro Benjamin Netanyahu di non perdere troppi consensi per strada. Al momento, a spoglio ancora da ultimare, il suo Likud è saldamente il primo partito con 30 seggi (sei in meno rispetto alle scorse elezioni), ma manca una coalizione su cui poter poggiare un governo.
Secondo gli ultimi risultati, il blocco a favore di Netanyahu – di cui fanno parte i partiti haredi Shas (9) e Yahadut HaTorah (7) e il partito nazional-religioso Tziyonut Datit (6) – è fermo a 52 seggi; il blocco avverso può contare su 56 seggi, ovvero quelli di Yesh Atid (17), Kachol Lavan (8), Labor (7), Yisrael Beiteinu (7), Lista araba (6), Nuova speranza (6), Meretz (6). Fuori dai due schieramenti, Yamina (7) e il partito arabo Raam (5) che non hanno ancora scelto con chi stare.
Ma anche con i voti dell’indipendente Yamina, Netanyahu non è al momento in grado di raggiungere i 61 seggi necessari per avere la maggioranza alla Knesset. Per farlo, dalle file del Likud si parla di possibili aperture al partito islamico radicale Raam (dato a 5 mandati). Un discorso che fino ad un anno fa sarebbe stato impronunciabile. Lo stesso Likud infatti nel marzo 2020 aveva attaccato l’avversario Kachol Lavan per aver solo sfiorato l’idea di governare con il sostegno della lista araba unita. Un anno e una pandemia dopo, le carte in tavola sono cambiate e Tzachi Hanegbi, eletto in quota Likud e vicino al Premier Netanyahu, ha aperto una porticina agli arabi di Raam. “Preferiamo un governo composto da almeno 61 membri della Knesset che sostengono le idee del campo nazionalista. Spero che questo accada”, ha dichiarato Hanegbi. In caso contrario, ci sono delle possibilità “indesiderate ma che sono meglio di una quinta elezioni. Tra queste, che Mansour Abbas (leader di Raam) realizzi quanto ha detto per tutta questa campagna elettorale: che sosterrà qualsiasi coalizione che formuli un piano per affrontare le questioni del suo settore”. Per gli analisti israeliani però questo progetto rimane fortemente difficile da realizzare: gli islamisti di Mansour Abbas dovrebbero convivere con la destra estrema del partito Tziyonut Datit. Ed è veramente difficile trovare una convergenza tra queste due realtà.
Altrettanto difficile pensare a una convivenza tra i tanti partiti del fronte anti-Netanyahu, uniti per lo più dall’avversione nei confronti del Premier. E così i quotidiani prefigurano già il rischio di una nuova elezione per cercare di spostare gli equilibri. Ma se in quattro tornate non è accaduto, non è chiaro come una quinta possa cambiare la situazione sul terreno.