Netanyahu, Lapid, Bennett
Tre nomi per la guida d’Israele

In una Israele sempre più riaperta, dove il numero di nuovi casi di Covid-19 continua a diminuire (i positivi giornalieri sono scesi sotto la soglia del 1 per cento), l’attenzione è concentrata sulle trattative tra i partiti politici per formare un governo. Il quotidiano gratuito Israel Hayom, molto vicino al Premier uscente Benjamin Netanyahu, nella sua edizione odierna annunciava il raggiungimento di un accordo tra il partito arabo Raam e il Likud per un sostegno esterno del primo a un governo targato Netanyahu. Un accordo in realtà smentito da esponenti dello stesso Raam. Significativa però la scelta d’Israel Hayom di dedicare l’apertura alla presunta intesa. Una decisione, spiegano infatti gli analisti israeliani, che appare come un tentativo di normalizzare l’opzione di un appoggio di Raam a Netanyahu. Un’opzione fino a poco tempo fa impensabile perché esclusa dallo stesso leader del Likud. Gli equilibri interni alla Knesset sono però cambiati e così Netanyahu, per raggiungere la maggioranza di 61 seggi, è disposto ad aprire alla compagine araba (rappresentata in parlamento anche dalla Lista comune). Ha così bisogno del sostegno del suo elettorato e, soprattutto, di alcuni partiti all’interno della sua coalizione. Il partito di estrema destra Tziyonut Datit (Sionismo religioso) su tutti, il cui leader Bezalel Smotrich si è messo di traverso, escludendo qualsiasi possibilità di formare un governo con il sostegno di un partito arabo. Senza Raam però Netanyahu non ha le carte e i numeri per ritornare al potere. E da qui, almeno secondo gli analisti dell’emittente Kan, la campagna anche stampa diretta a far togliere veti e opposizioni.
Nel frattempo il Presidente d’Israele Reuven Rivlin ha dichiarato, ricevendo i risultati ufficiali delle ultime elezioni, che la sua principale considerazione nella scelta di un candidato Premier sarà la sua “possibilità di formare un governo che otterrà l’approvazione della Knesset”. Parole che sono state interpretate come una possibile indicazione che il presidente non affiderà l’incarico di Primo ministro designato necessariamente al leader del partito con più raccomandazioni formali. Rivlin ha detto che la crisi politica prolungata danneggia la democrazia di Israele, e ha chiesto un governo che “approvi il Bilancio dello stato, sorvegli la guarigione delle realtà e dei cittadini segnati dalla pandemia, e salvi gli organi statali dal congelamento politico in cui siamo finiti in un momento in cui il popolo ha bisogno degli organi statali più che mai”. Il presidente ha detto di sperare che i membri della Knesset “ascoltino la richiesta della nazione di collaborazioni insolite, di cooperazione intercomunitarie e di lavoro professionale e dedicato a beneficio di tutti i cittadini israeliani”.
A proposito di collaborazioni insolite c’è quella sul fronte opposto a Netanyahu che vede impegnati il leader centrista di Yesh Atid, Yair Lapid, e quello della destra di Yamina, Naftali Bennett. I due, a distanza, stanno lavorando a una possibile intesa per formare una coalizione che li veda entrambi Primi ministri a rotazione. Lapid ha detto di non essere contrario a questa opzione, ma vuole che il fronte anti-Netanyahu lo indichi compatto al Presidente Rivlin come proprio candidato Premier. Solo dopo sarà disposto “a prendere in considerazione” qualsiasi opzione. Una richiesta a cui però i diversi partiti, tra cui quello dell’ex Likud Gideon Sa’ar, non sembrano voler acconsentire. Almeno per il momento.

dr