Yom HaZikaron, l’ambasciatore d’Israele: “Abbiamo il dovere di ricordare i caduti per la nostra indipendenza”
Nel corso della cerimonia organizzata per Yom HaZikaron 5781, l’ambasciatore d’Israele a Roma ha pronunciato il seguente discorso:
In questo giorno, la nazione si stringe ai suoi figli e le sue figlie, che hanno dato la vita per la rinascita della patria e per la sua difesa. “Ho pregato per avere questo figlio”, dice Hanna a Shiloh, dopo anni di infertilità. Per avere questo paese, noi abbiamo pregato per migliaia di anni di esilio, mentre vagavamo senza terra tra i popoli, e cercavamo riposo per i nostri piedi, alla mercé degli altri.
Già nel terzo secolo a Babilonia, il maestro Shmuel affermava nel Talmud, che la differenza tra questo mondo e l’era messianica, è solo “la sottomissione degli esiliati ad altri regni”. Allo stesso modo si è espresso Maimonide, nel Medioevo, nel suo grande libro, seguito poi da una lunga fila di pensatori e giuristi.
Avevano compreso tutti, che la grande visione del nostro popolo, iniziata già al tempo dei patriarchi, e fissata con l’Esodo dall’Egitto, è che la condizione suprema per una piena vita nazionale e spirituale, è l’indipendenza politica.
L’indipendenza richiede un prezzo, ma vivere senza indipendenza politica ha un prezzo molto più alto. Lo abbiamo pagato meno di 80 anni fa, qui sul suolo europeo, dove mi trovo adesso. La settimana scorsa abbiamo fatto memoria di quel prezzo orribile. Uno stato indipendente richiede protezione e rafforzamento costanti. Decine di migliaia di combattenti, uomini e donne, hanno pagato con la vita, in modo che noi potessimo stare qui, come rappresentanti dello Stato indipendente di Israele. In questo giorno, noi li ricordiamo.
La memoria è un tema centrale nel nostro patrimonio. Non saremmo sopravvissuti al deserto dei popoli, senza la memoria nazionale, senza ricordare da dove venivamo e dove eravamo diretti.
Di regola, la memoria è un segnale essenziale di vita, mentre l’oblio è la morte. E finché ricordiamo i morti, essi continuano a vivere in mezzo a noi. Solo i loro corpi sono scomparsi, ma il loro spirito, la loro vita e le loro azioni, continuano a esistere in noi. Con il loro sangue, ci è stato comandato di ricordarli, e quindi di tramandarli alle generazioni future. Questo è il minimo che possiamo fare per loro.
In questo giorno, io ricordo il mio amico Amir Yafe di benedetta memoria, caduto in un incidente di addestramento, sulle alture del Golan. Ero un paramedico militare nel 13° battaglione della Brigata di fanteria Golani, e l’ho curato assieme ad un altro paramedico, subito dopo il grave infortunio, fino all’arrivo dell’ambulanza e dell’elicottero di soccorso. Avevo appena fatto in tempo a gridare ai soccorritori, di non interrompere la rianimazione, quando un medico in piedi accanto a me, mi ha detto che era finita. Amir sognava di essere il primo ingegnere israeliano, a costruire una automobile interamente israeliana. È rimasto un ragazzo di 19 anni. Sono passati 30 anni da allora, e il ricordo di Amir ferito tra le mie braccia, mi accompagna sempre, tutta la mia vita. Ricordo il fresco cumulo di terra con cui coprirono il suo corpo. Non ho dimenticato. Non abbiamo dimenticato.
Il profeta Isaia, vissuto a Gerusalemme nell’VIII (ottavo) secolo prima dell’Era volgare, ci consola a distanza di tanti anni, unendo il piano personale con quello nazionale, e dice:
“Eliminerà la morte per sempre;
il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto;
la condizione disonorevole del suo popolo
farà scomparire da tutto il paese,
poiché il Signore ha parlato.”
(Is 25,8)
Sia benedetta la loro memoria!
Yehì zikhràm barùkh!
Amen
Dror Eydar, ambasciatore di Israele in Italia