Netanyahu alla ricerca della maggioranza,
incassa una prima sconfitta alla Knesset 

Una scena degna di House of Cards ha avuto luogo alla Knesset, il parlamento israeliano. Con un certo gusto per la teatralità infatti, i parlamentari del partito arabo Ra’am, corteggiati in queste settimane dal Premier Benjamin Netanyahu, gli hanno inflitto nelle scorse ore una dura sconfitta. Arrivando all’ultimo momento, gli uomini di Ra’am hanno votato contro la proposta del Likud (e di Netanyahu) di avere di fatto la gestione di una importante commissione parlamentare. L’appoggio del piccolo ma decisivo partito arabo è andato invece al piano proposto da Yair Lapid, leader del blocco che si oppone a Netanyahu (la coalizione del cambiamento, come la chiamano i media israeliani). Una sconfitta politica significativa per il leader del Likud, vista l’importanza della commissione. Quest’ultima è la prima che deve essere formata dopo le elezioni e controlla l’agenda legislativa nel nuovo parlamento fino alla formazione di un nuovo governo. Considerando che questa eventualità – la nascita di un esecutivo – appare ancora lontana, il potere di questo organo risulta ancor più grande: chi lo guido deciderà per un tempo ancor più lungo l’agenda della Knesset. Non solo, tra le sue prerogative, anche la scelta di quali altre commissioni parlamentari formare e la loro composizione. Da qui, la volontà di Netanyahu e del Likud di assicurarsene il controllo, così come della coalizione opposta.
Alla fine l’ha spuntata Lapid, grazie a un generoso accordo stipulato con il leader di Ra’am, Mansour Abbas, come si è visto il vero ago della bilancia oggi alla Knesset. I suoi determinanti voti sono arrivati in cambio della promessa di ruoli importanti in questa legislazione. Secondo i media israeliani, Lapid avrebbe infatti aperto alla possibilità di nominare lo stesso Abbas vicepresidente della Knesset, di indicare un suo uomo nell’importante commissione finanze, e di affidare sempre a Ra’am la presidenza di una commissione dedicata al contrasto alla violenza nella comunità araba. Insomma una fetta di torta importante per un partito da soli quattro seggi, che dopo aver aperto a Netanyahu, gli ha sbattuto una prima porta in faccia. Seppur il gesto non sia definitivo.