“Nuove violenze tra Gaza-Israelefrutto delle ambizioni di Hamas”

Il nuovo ciclo di violenze, con centinaia di razzi sparati contro Israele dalla Striscia di Gaza, nasce dal desiderio del gruppo terroristico di Hamas di riaffermare il proprio potere. “Hamas ha sfruttato e incentivato gli scontri attorno alla moschea al Aqsa di questi giorni. Per poi sparare sette missili contro Gerusalemme per mandare un messaggio ai palestinesi: ‘siamo noi l’unica bandiera della resistenza’. I razzi sono serviti al gruppo terroristico per creare un chiaro collegamento tra sé e la Spianata delle moschee”. A spiegarlo a Pagine Ebraiche Yoram Schweitzer, esperto di terrorismo internazionale e già consulente dell’ufficio del Primo ministro israeliano in materia di sicurezza. Per Schweitzer Hamas, gruppo terroristico che controlla Gaza, aveva diversi motivi per innescare la nuova escalation di violenza. “La moschea al Aqsa funziona sempre da detonatore nell’area. Ogni volta che qualcuno desidera appiccare il fuoco della violenza, la usa per il suo significato simbolico. E così è accaduto anche questa volta. Hamas l’ha sfruttata a proprio vantaggio, anche perché aveva bisogno di dare un segnale ad Abu Mazen: il leader dell’autorità palestinese, – spiega Schweitzer – con la scusa che a Gerusalemme Est gli israeliani non avrebbero permesso il voto, ha posticipato del tutto le elezioni per un nuovo presidente dell’Autorità nazionale palestinese. Lo ha fatto perché temeva che Fatah, il suo movimento spaccato in diverse fazioni, avrebbe perso sonoramente contro Hamas. E così quest’ultima si è sentita privata della vittoria”. Una frustrazione trasformata alla prima occasione utile in violenza, come raccontano le cronache di queste ore. “Attaccando, Hamas ha inoltre dato una risposta ai suo avversari interni: alla Jihad islamica, che nella Striscia di Gaza cerca di eroderne il consenso”. Il gruppo terroristico che controlla Gaza, aggiunge l’esperto israeliano, ha dunque usato le tensioni a Gerusalemme – tra cui il caso del quartiere Sheikh Jarrah e dello sfratto di alcune famiglie palestinesi – per consolidare la propria posizione all’interno dell’opinione pubblica palestinese. “Lo ha fatto, come dicevamo, creando una connessione diretta con al Aqsa e sparando razzi contro Israele, consapevole che questo avrebbe generato un nuovo ciclo di scontri. Ma l’importante era costruire questa narrazione”. Sul versante opposto, Schweitzer sottolinea come Israele non potesse che intervenire e rispondere ai razzi palestinesi in modo duro. “Israele non può permettersi di abbassare la guardia. Viviamo un momento politicamente difficile, non abbiamo un governo, ma solo un esecutivo di transizione. E questo non aiuta nelle scelte sul fronte della sicurezza. In ogni caso quanto a fondo andrà Israele dipenderà dall’evolversi della situazione sul terreno”. Esercito, forze di sicurezza, intelligence e vertici della politica decideranno se ci si dovrà spingere fino a un vero e proprio conflitto. “Quel che posso dire è che nessuna delle due parti vuole la guerra. Hamas non ha interesse ad uno scontro aperto, ha già ottenuto quel che voleva. E purtroppo gli è stata anche incautamente fornita l’immagine iconica da usare per la sua propaganda: c’è un video che gira con un gruppo di giovani israeliani al Kotel (Muro Occidentale) che danzano e ballano, mentre sullo sfondo si vedono delle fiamme divampare vicino ad al Aqsa. Non importa ad aver preso fuoco sia stato un cipresso, probabilmente a causa di fuochi d’artificio sparati da alcuni palestinesi. Il video ora si è trasformato in utile strumento per la narrazione di Hamas”. Che intanto ha proseguito nei suoi attacchi ai civili israeliani, colpendo abitazioni in diverse località del sud d’Israele. “Non possiamo predire ora come finirà questa situazione. Per Israele l’ingresso a Gaza sarebbe una trappola e la trascinerebbe in un difficile scontro. Se però gli attacchi dovessero proseguire ed aggravarsi, un’operazione via terra potrebbe diventare inevitabile”.
Daniel Reichel