“Israele-Gaza, italiani confusi e i social network peggiorano le cose”
Per quattro italiani su dieci le responsabilità dell’ultimo scontro tra Israele e Gaza sono da attribuire ad entrambe le parti. A riportarlo, la nuova indagine dell’istituto di ricerca Swg, che nel suo ultimo radar apre con un approfondimento dedicato alla percezione degli italiani rispetto agli undici giorni di conflitto tra Israele e i terroristi di Hamas. Per il 41 per cento dell’opinione pubblica ci sarebbe dunque un concorso di colpa per lo scontro avviato dai terroristi palestinesi il 10 maggio scorso con il lancio di missili contro Gerusalemme. Per il 18 per cento, le responsabilità sarebbero invece spostate su Israele, il 9 considera l’aggressione palestinese l’origine del conflitto. “È interessante vedere il confronto con i rilevamenti dell’ultima guerra tra le parti, quella del 2014. – spiega a Pagine Ebraiche Riccardo Grassi, direttore di ricerca Swg – Le percentuali sulle responsabilità rimangono grosso modo stabili, questo perché c’è una lettura cristallizzata e molto ideologica della questione nell’opinione pubblica italiana. Ma il dato che è cresciuto molto è il ‘non saprei’. Cioè è cresciuta la confusione”.
Sui mezzi impiegati da entrambi gli schieramenti la condanna ancora una volta non fa molte distinzioni. Quattro su dieci considerano i bombardamenti israeliani un crimine di guerra, tre su dieci definisce il lancio di razzi da parte di Hamas come un atto terroristico. A riguardo, il professor Sergio Della Pergola, docente dell’Università Ebraica, rilevava un dato chiaro sui cortocircuiti nell’opinione pubblica sull’uso della forza da parte d’Israele e sulle motivazioni dei terroristi di Gaza. “In Occidente nessuno lo vuole capire. Hamas è un movimento terrorista fanatico. È una specie di robot senza una testa pensante. Con uno statuto però molto chiaro: dice che bisogna distruggere lo Stato di Israele. Fra l’altro tutti dovrebbero leggerlo, è un documento islamico antisemita in cui si parla della morte di tutti gli ebrei e della cospirazione ebraica mondiale. Però questo naturalmente nessuno lo dice. C’è chi dice per pietismo ‘voi israeliani reagite troppo fortemente’ . E in definitiva è una stupida considerazione”. Contro il lancio di migliaia di missili, qualsiasi Stato è chiamato a reagire e a difendere i propri cittadini, evidenziava Della Pergola.
Un concetto ribadito dalle autorità israeliane per replicare alla decisione del Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu di aprire un’indagine su Israele per presunti crimini di guerra. “Israele rifiuta categoricamente la risoluzione adottata oggi (giovedì 27 maggio 2021) dal Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, un organismo a maggioranza anti-israeliana, guidato dall’ipocrisia e dall’assurdità. – la nota del ministero degli Esteri israeliano – Qualsiasi risoluzione che non condanna il lancio di oltre 4.300 razzi da parte di un’organizzazione terroristica contro i civili israeliani, o che non menziona nemmeno l’organizzazione terroristica Hamas, non è altro che un fallimento morale e una macchia sulla comunità internazionale e sull’ONU”. Nella replica alla decisione del Consiglio – presa con 24 voti a favore su 47, con nove contrari (tra cui Germania, Gran Bretagna e Austria) e 14 astenuti (tra cui l’Italia) – il ministero guidato da Gabi Ashkenazi dichiara che “le forze di sicurezza israeliane hanno agito con i più alti standard etici. In conformità con il diritto internazionale, nel difendere i nostri cittadini dal lancio indiscriminato di razzi di Hamas. Hamas sta commettendo un doppio crimine di guerra – sparando da luoghi civili all’interno di Gaza, contro civili israeliani. Questa risoluzione lo ignora completamente”. Israele ha ringraziato i paesi che hanno votato contro il provvedimento dell’organismo Onu, con le nazioni europee che si sono o astenute o hanno votato contro. E di Europa si parla anche nell’indagine Swg, con il 43 degli intervistati che chiede alle istituzioni dell’Ue di intervenire nella questione attraverso strumenti diplomatici. “Sulle modalità di intervento ci sono risposte diverse, ma per il 70 per cento degli italiani, in un modo o nell’altro, l’Europa non può assistere a quello che sta accadendo facendo finta di nulla”, spiega Grassi. Il ricercatore riflette su come in generale il tema del conflitto venga percepito dagli italiani come sempre più difficile da interpretare e comprendere, ma in ogni caso non estraneo. Tanto da chiedere l’intervento delle istituzioni europee.
L’indagine Swg dice dunque che agli occhi degli italiani, dallo scontro del 2014, quanto accade tra israeliani e palestinese è sempre più confuso. E i social network non hanno aiutato nel fare chiarezza. “Rispetto a sette anni fa la forza dei social è aumentata tantissimo e con essa la polarizzazione. Abbiamo letto tutti i commenti fatti da esperti che fino a un minuto prima si occupavano di ingegneria o di architettura istituzionale. E un minuto dopo sono diventati esperti di balistica e di questioni geopolitiche. Ma, a parte questi casi, quello che cresce è chi dice Non lo so. – spiega Grassi – Su questi temi dunque la presenza nei social network non sposta l’opinione pubblica, ma fa da cassa di risonanza per chi ha già un’opinione. Soprattutto se ha un’opinione molto ideologica e poco pensata. L’effetto potrebbe anzi essere di portare ad una maggiore cautela quella parte d’opinione pubblica che non vuole entrare in un’arena a tifo, ma che vuole capire cosa sta accadendo”.
Daniel Reichel