L’intesa per l’esecutivo c’è,
ma ora serve la fiducia della Knesset

Premono sull’acceleratore Yair Lapid e Naftali Bennett. Nella notte tra mercoledì e giovedì i due leader, rispettivamente di Yesh Atid e Yamina, sono riusciti a raggiungere il loro primo obiettivo: firmare un accordo di coalizione tra loro e con altri sei partiti della Knesset. È un’intesa fragile che unisce mondi molto diversi: dalla destra (Yamina) che rappresenta la voce degli insediamenti in Cisgiordania, alla sinistra che ne chiede lo smantellamento, dal movimento islamico ultraconservatore (Raam) al partito che della laicità ha fatto la sua bandiera (Yisrael Beitenu). Eppure l’accordo, seppur tra estenuanti trattative e compromessi, si è trovato.
La maggior parte dei quotidiani israeliani sottolinea oggi proprio il valore di questo dialogo politico: in una società sempre più polarizzata, come denunciato dal Presidente Rivlin, questa intesa trasversale viene interpretata come un fattore positivo. Il problema però è la sua instabilità. Le perplessità e critiche interne non mancano e possibili defezioni sono dietro l’angolo. Per questo il duo Lapid – Bennett vuole chiudere in fretta e far votare il prima possibile alla Knesset la fiducia al governo. Temono che da qui al 14 giugno, data del possibile voto, la coalizione che dovrebbe dare vita al “governo del cambiamento” si sfaldi. E alcuni cedimenti già ci sono stati, in particolare all’interno del partito di Bennett. Uno dei suoi, Nir Orbach, ha già dichiarato l’intenzione di votare contro la fiducia. E senza il suo voto, il 61esimo su 120, l’esecutivo Lapid-Bennett morirebbe prima ancora di nascere. Salvo salvataggi di chi della coalizione non fa parte, come l’altro partito arabo all’interno della Knesset, la Lista unita.
Chi tifa per il collasso dell’intesa è il leader del Likud Benjamin Netanyahu, che spera di continuare ad accumulare giorni nel suo già storico record di Premier più longevo d’Israele. Dodici anni ininterrotti al potere, e nessuna intenzione di lasciare lo scettro ad altri. “Tutti i legislatori eletti con i voti della destra devono opporsi a questo pericoloso governo di sinistra”, ha dichiarato Netanyahu in queste ore, rivolgendosi ai parlamentari di Yamina e di Nuova Speranza, il partito dell’ex Likud Gideon Saar. Il riferimento è alla presenza nella coalizione dei laburisti e di Meretz. Ma anche del partito arabo Ra’am (corteggiato dallo stesso Netanyahu), il cui sostegno all’esecutivo Bennett-Lapid viene però per lo più descritto come un fatto storico. Dal 1977 infatti un partito arabo non entrava a far parte di una coalizione di un governo israeliano. Una svolta importante, sostenuta anche da realtà profondamente pro-Israele come l’americano Aipac, che ha apprezzato pubblicamente l’apertura a Ra’am.

dr