Israele e il progetto che semina pace, curando i bambini di Gaza
Quali strade di dialogo si possono costruire con i palestinesi? Come evitare l’ingerenza violenta dei terroristi di Hamas? Come ricucire le ferite interne a Israele dopo il trauma degli scontri tra ebrei e arabi? Sono alcuni degli interrogativi su cui si sofferma il dossier di Pagine Ebraiche “Gaza, oltreconfine”, pubblicato sul numero attualmente in distribuzione. Di seguito un esempio concreto di relazioni positive costruite con Gaza tra israeliani e palestinesi con lo scopo di salvare vite umane: il progetto Saving Children del Peres Center for Peace and Innovation di Tel Aviv (l’iniziativa sarà presentata il 9 giugno alle 20.45 nel corso dell’incontro “La medicina al servizio della pace: il progetto Saving Children” – per partecipare, inviare una mail a segreteria@torinoebraica.it entro le ore 14.00 del 9 giugno).
“Stiamo vivendo un momento molto strano, prima la pandemia, poi la guerra, gli scontri interni. Non abbiamo fatto in tempo a rifiatare, che già eravamo catapultati in un’altra difficoltà. Da una chiusura a un’apertura ad un’altra chiusura: una fisarmonica estenuante di emozioni”. È una Israele un po’ frastornata, quella che si presenta oggi davanti agli occhi di Manuela Dviri. Le difficoltà della vita l’hanno abituata a confrontarsi con i conflitti, ma questo ultimo periodo – tra la fine dell’emergenza pandemica e il nuovo ciclo di violenze con Gaza – sembra aver colto di sorpresa anche lei. “Dei razzi di Hamas nessuno si stupisce. Ma di questa guerra urbana scoppiata in tutto il paese tra arabi ed ebrei, questa sì è una strana novità a cui prima nessuno pensava. Credevamo che il problema fosse fuori, ma invece oggi ci rendiamo conto che dobbiamo lavorare anche all’interno del paese, nelle nostre città miste e non solo”. Serviranno nuovi progetti da realizzare, nuove strade di incontro da costruire, spiega Dviri, che ha già in cantiere alcune idee. E nel mentre porta avanti un progetto nato su suo impulso ormai diciotto anni fa: Saving children, un’iniziativa realizzata dal Peres Center for Peace and Innovation di Tel Aviv, grazie al quale in questi anni otre 12.500 bambini palestinesi sono stati curati negli ospedali di Israele. Un impegno che si rinnova di anno in anno e che sarà al centro dell’evento online organizzato per il 9 giugno (ore 20.45) dal titolo “La medicina al servizio della pace: il progetto Saving Children” (per partecipare, inviare una mail a segreteria@torinoebraica.it entro le ore 14.00 del 9 giugno). “Noi ci occupiamo di seguire e gestire tutto l’iter che porta i bambini da Gaza o dalla Cisgiordania a farsi curare in Israele – spiega Rachel Hadari, direttrice del Dipartimento Medicina e Salute del Peres Center for Peace – I casi da trattare ci vengono segnalati dal servizio sanitario palestinese. Sono situazioni per cui sono richieste cure immediate per il bambino. Operazioni complesse che non possono essere fatte negli ospedali palestinesi. Una volta ricevuta e verificata la segnalazione, noi troviamo i medici che possono eseguire l’operazione o il trattamento. Devo dire che le risposte degli ospedali israeliani sono sempre state immediate. Fissata la data, ci occupiamo anche di tutte le questioni logistiche per portare il bambino e i genitori in Israele, dai permessi di ingresso, al trasporto fino alle sistemazioni per il pernottamento”. Una macchina rodata ma complessa e che richiede finanziamenti, evidenzia Dviri.
A sostenere Saving Children praticamente da subito sono state diverse realtà italiane con la costituzione nel 2005 a Torino dell’Associazione di volontariato “Comitato Amici Centro Peres per la Pace – per i bambini palestinesi” (promotore insieme alla Comunità ebraica di Torino dell’iniziativa del 9 giugno). Nel corso degli anni molte regioni italiane hanno dato il proprio sostegno all’iniziativa, un aiuto poi interrotto a causa della crisi economica. Il progetto ha proseguito sulle sue gambe comunque, ma ora, spiegano dal Peres Center, la pandemia ha colpito duramente i suoi bilanci. E per questo gli organizzatori, sostenuti anche dal Comitato italiano, si stanno muovendo per sensibilizzare enti pubblici e privati, così come i semplici cittadini affinché facciano in modo che i bambini di Saving Children possano continuare ad avere le cure di cui hanno bisogno. “Al di là del vitale aspetto umanitario di salvare le vite dei bambini bisognosi, – raccontano dal Peres Center – questo programma crea un punto d’incontro unico tra le famiglie, i team medici e gli ospedali, costruendo ponti di speranza e di pace”. “In un momento segnato da conflitti interni ed esterni – spiega Manuela Dviri – questo tipo di progetti mostrano la strada a chi aveva totalmente rimosso la questione palestinese dalle proprie vite. In più sento che si torna a parlare della necessità di aiutare Gaza senza aiutare Hamas. È quello che noi facciamo da sempre. Non abbiamo nulla a che fare con loro, mentre aiutiamo le persone indifese. È una solidarietà concreta. Solo che costa e per continuare ci servono donazioni, ci serve aiuto”.
A proposito della genesi di questo progetto, Dviri ha più volte ricordato come tutto sia iniziato con la richiesta arrivata da una madre palestinese di Betlemme. ‘Ho un bambino malato di leucemia – mi disse – lo stanno curando all’ospedale israeliano Hadassah di Gerusalemme, ma la cura della leucemia è costosissima ed economicamente mio marito ed io non ce la facciamo più’. A lungo ci stetti male. Ne sapevo così poco, allora. Certo non conoscevo i problemi della sanità palestinese. Né avevo la minima idea dei problemi economici che possono incontrare i genitori di un bimbo palestinese malato, oltre all’angoscia dovuta alla malattia stessa. Mi vergognai di me stessa. Solo pochi anni prima, nel 1998, era morto in combattimento mio figlio Ioni, soldato di leva ventenne, durante la guerra col Libano. Sapevo ormai perfettamente cosa voleva dire, per una madre, perdere un figlio. Come potevo accettare che un altro figlio morisse così, solo perché i genitori non avevano la possibilità di pagarne le cure? Solo perché era nato a Betlemme piuttosto che a Tel Aviv o a Gerusalemme, a pochi chilometri di distanza?”.
“La medicina al servizio della pace: il progetto Saving Children”
Comunità Ebraica di Torino, Comitato Amici Centro Peres per la Pace – per i bambini palestinesi
mercoledì 9 Giugno ore 20:45
Ne discuteranno, Manuela Dviri in qualità di promotrice del progetto, Sivan Zelovitch Keren, rappresentante per l’Europa del Peres Center for Peace and Innovation; Rachel Hadari, direttrice del Dipartimento Medicina e Salute del Peres Center for Peace di Tel Aviv; Dario Disegni, presidente Comunità Ebraica di Torino; Carlo Baffert, presidente “Comitato Amici Centro Peres per la Pace – per i bambini palestinesi”di Torino; Fiammetta Martegani, corrispondente da Israele per il quotidiano Avvenire.