Riforma della casherut in Israele,
l’opinione pubblica si divide

Una riforma che, attraverso la concorrenza, garantirà costi minori per chi vende o acquista prodotti casher in Israele (e non solo), mantenendo gli standard richiesti dalla Legge ebraica. Una modifica che confonderà il pubblico e abbasserà il livello delle certificazioni casher, danneggiando i consumatori.
La riforma del sistema delle certificazioni casher in Israele annunciata dal ministro degli Affari religiosi Matan Kahana ha aperto un’ampia discussione tra favorevoli e contrari. Il nuovo modello proposto andrebbe a modificare il ruolo del Gran Rabbinato israeliano rispetto alla gestione di questo sistema. In sostanza quest’ultimo da attore principale si trasformerebbe in supervisore. Attualmente in Israele le certificazioni casher per le imprese sono assegnate in via esclusiva da organi locali del rabbinato statale (Consigli religiosi), emanazione del Gran Rabbinato. Questi organi nominano degli ispettori che controllano che chi richiede la licenza della casherut rispetti effettivamente tutte le regole prescritte dalla Legge ebraica. Si tratta di un sistema di controllo verticale, gestito in forma di monopolio. La riforma vorrebbe cambiare questa situazione introducendo delle società private che concorrano tra loro per fornire le licenze a ristoratori o a chi ne fa richiesta. Il tutto sotto la supervisione del Gran rabbinato, che avrà il compito di stabilire regole uniformi che le società private dovranno seguire.
“Chiunque abbia buon senso può vedere che il nostro sistema di casherut è molto malato, e deve essere messo in ordine”, ha dichiarato Kahana in un’audizione alla Knesset, il Parlamento. “Il mio piano metterà ordine nel sistema, lo aprirà alla concorrenza, e lo metterà sotto la regolamentazione del Gran Rabbinato, sotto la sua supervisione come avviene all’estero. Così, più persone mangeranno casher”. Non è di questo avviso però il Gran Rabbinato, secondo cui questa modifica creerà solo confusione. I consumatori, afferma l’autorità d’Israele in materia di Legge ebraica, non saranno tutelati sulla qualità della supervisione delle regole alimentari e, di conseguenza, sull’effettivo rispetto della casherut. “Questa non è una riforma, non è una correzione” ha dichiarato il rabbino Eliezer Simcha Weiss, membro del Consiglio del Gran Rabbinato. “Rovinerà tutto il cibo casher in Israele, ogni tipo di organizzazione deciderà di dare cibo casher e nessuno ne saprà lo status e quanto sono casher. Queste sono cose su cui bisogna riflettere e confrontarsi con i rabbini”. Una posizione condivisa anche da una lettera firmata da alcuni rabbini del mondo sionista religioso israeliano, tra cui Haim Druckman, Yaakov Ariel e Shmuel Eliyahu. Figure considerate punto di riferimento del partito di cui fa parte Kahana (Yamina, del Primo ministro Naftali Bennett).
Intanto il ministero delle Finanze stima che il nuovo sistema potrebbe far risparmiare al consumatore israeliano decine di milioni di shekel all’anno, con un abbassamento dei costi delle licenze e, di conseguenza, dei prodotti. Anche all’estero, nelle comunità ebraiche della Diaspora, si guarda con attenzione alla proposta di Kahana. “Il piano potrebbe potenzialmente portare anche a prezzi più bassi per le merci israeliane vendute all’estero. – sostiene Haaretz – I negozi casher in Europa, Nord America e Australia vendono tutti prodotti israeliani, che sono particolarmente importanti nei mercati più piccoli”. Parlando al quotidiano israeliano, rav Moché Lewin, vice presidente della Conferenza dei rabbini europei e consigliere del rabbino capo francese Haim Korsia, ha evidenziato come i cambiamenti nella casherut in Israele riguardino “tutto il popolo ebraico nel mondo”. Lewin però non ha commentato in concreto la proposta. Chi lo ha fatto, sempre con Haaretz, è stato il rabbino capo di Ucraina Yaakov Bleich. E non in termini positivi. “Mi chiedo solo quale sia l’obiettivo finale. Se rafforzerà gli standard della casherut, allora è una grande idea. Tuttavia, da quello che ho capito, li indebolirà e rimuoverà il controllo. Quando qualcuno va in un negozio e vede il (timbro) rabbanut, riconosce immediatamente gli standard di casherut. I singoli, invece, possono prendere molte scorciatoie”. Il rav è poi intervenuto sui costi delle licenze e delle supervisioni che vengono pagati dalle imprese. “La rabbanut non è un’organizzazione a scopo di lucro. Non penso che si faccia pagare troppo, ma questo è ciò che muove questa riforma. Penso che ci siano persone che stanno cercando di indebolire il Rabbinato, e questo è uno dei loro mezzi per farlo”, la tesi di Bleich.
La Federation of Synagogues, con sede a Londra, ha dichiarato di essere “preoccupata che i cambiamenti proposti possano portare a un declino dello standard di supervisione casher e rendere più impegnativa la fornitura di prodotti per le comunità nel Regno Unito e in Europa.”
“Speriamo che gli standard siano mantenuti in modo che il consumatore casher possa continuare ad avere fiducia nei prodotti provenienti da Israele”, la posizione dell’ente.
Secondo un’indagine condotta di Hiddush – un gruppo che fa campagne per la libertà religiosa in Israele – il 73% degli ebrei israeliani è favorevole a porre fine al monopolio del rabbinato sulla supervisione della casherut.

dr