I Giochi di Tokyo e il ricordo di Monaco
Ladany: “Attendevamo da 49 anni”

Dopo 49 anni di attesa, il Comitato olimpico ha deciso di commemorare in modo ufficiale le vittime della strage di Monaco 1972. Durante l’inaugurazione di Tokyo 2020 un minuto di silenzio ha ricordato gli undici membri della delegazione israeliana uccisi da un commando terroristico palestinese. “Un tributo arrivato con 49 anni di ritardo, ma almeno è stato fatto. Ora speriamo che l’iniziativa prosegua anche in futuro e che non sia solo legata alla buona volontà di Thomas Bach, presidente del Comitato Olimpico Internazionale”, afferma a Pagine Ebraiche Shaul Ladany. Lui, oggi ottantacinquenne con un passato da marciatore olimpico, il 5 settembre di 49 anni fa scampò per miracolo all’attentato. “Quell’attacco è stato compiuto alle Olimpiadi. Sono stati uccisi undici israeliani che erano a Monaco per partecipare ai Giochi. Erano atleti, allenatori, arbitri. – sottolinea Ladany, sopravvissuto anche a Bergen-Belsen e da anni testimonial della Run for Mem – Erano parte integrante delle Olimpiadi. Ricordarli in questo appuntamento è un atto dovuto. Quel minuto di silenzio commemora loro, ma è anche un monito affinché una tragedia simile non si ripeta”. La speranza è che d’ora in avanti questo tributo diventi un momento consolidato nelle cerimonie olimpiche. “Nessuno sapeva nulla, nemmeno le mogli delle vittime. Quando ho sentito della commemorazione ho pensato alla chiusura del cerchio per tutti coloro che hanno lottato perché avvenisse”, dice Ladany. Parole che fanno eco alla soddisfazione e sorpresa di Ilana Romano e Ankie Spitzer, vedove del sollevatore di pesi Yossef Romano e del coach della scherma Andre Spitzer. Le due donne sono diventate il simbolo della lotta per la memoria delle vittime israeliane del ’72. “Giustizia è stata finalmente fatta per i quei mariti, padri e figli che furono uccisi a Monaco. – il commento di Ilana Romano e Ankie Spitzer – Siamo passate attraverso 49 anni di sofferenze ma non ci siamo mai arrese. Ora non possiamo frenare le lacrime, abbiamo atteso tanto questo momento”. 
Ai Giochi di Tokyo è stata dunque sanato questo torto durato quasi mezzo secolo. E ora è il momento delle gare. Alla domanda se sta seguendo le competizioni, Ladany, professore emerito di ingegneria industriale, replica: “qualcosa, ma ho anche altro da fare. Non posso stare davanti alla televisione tutto il giorno. Comunque aspetto l’atletica, la disciplina regina, ma guardo anche il nuoto e qualcosa di ginnastica artistica”. Ha visto il clamoroso errore alla sbarra di Kohei Uchimura, due volte campione olimpico, che non è riuscito a qualificarsi per le finali. “Chi si è allenato tutta la vita sa che un errore può essere fatale. – afferma Ladany, primatista mondiale sulla distanza delle 50 miglia – Ma non è da questo errore che possiamo giudicare la carriera dell’atleta giapponese. Rimane uno dei più grandi ginnasti di sempre”. Chi invece è all’inizio della propria carriera è Avishag Semberg, la lottatrice di Taekwondo che ha portato a Israele la sua prima medaglia. “Ho visto. È stata sfortunata nella semifinale, ma ha recuperato conquistando un ottimo bronzo”.
Al di là delle competizioni, quelle di Tokyo sono Olimpiadi strane soprattutto per le rigide misure anti-covid previste. “Le chiamo Olimpiadi sintetiche. È un fatto molto positivo che si siano riuscite a fare nonostante la pandemia. – evidenzia Ladany – Non era scontato, anche a distanza di un anno. Però sono molto dispiaciuto per gli atleti perché sono stati privati del grande privilegio di respirare la speciale atmosfera del villaggio olimpico. La bellezza di incontrarsi con atleti di tutto il mondo, non solo della propria disciplina, e parlarsi, conoscersi. Speriamo che a Parigi (2024) si torni alla normalità”.

Daniel Reichel