Il contributo degli intellettuali italiani
Tra gli storici coinvolti nella Storia mondiale degli ebrei di recente pubblicazione ci sono vari collaboratori di Pagine Ebraiche. Anna Foa, naturalmente, che oltre al coordinamento dell’edizione italiana firma un contributo sul processo al criminale nazista Adolf Eichmann. “A testimoniare sulla Shoah in Italia racconta fu scelto un solo testimone, la fiorentina Hulda Campagnano. Primo Levi si era offerto, aveva anche avuto colloqui preliminari, ma non se ne fece nulla. Ci fu anche una testimonianza di Herbert Kappler, raccolta nel carcere di Gaeta. L’immagine che deriva dalle testimonianze è quella di un’Italia poco responsabile della Shoah. All’epoca il ruolo della Repubblica Sociale nella caccia all’ebreo non era ancora emerso nella storiografia, l’idea del ‘buon italiano’ sembrava piacere un po’ a tutti, e d’altra parte il confronto tra i numeri della Shoah nell’Est Europa e in Italia non giovava a modificare questa immagine edulcorata”. Nonostante ciò, il processo Eichmann rappresentò anche in Italia “una svolta sostanziale nella percezione che si aveva della guerra e dello sterminio”.
David Bidussa, che parla del riscontro inizialmente in sordina e poi sempre più ampio di Se questo è un uomo. “All’uscita del libro, nel 1947, le recensioni non sono molte. Una è significativa, sia per i temi che individua, sia per il nome, allora ancora non famoso del suo estensore: Italo Calvino, che coglie gli elementi essenziali destinati a fare la fame dell’opera, ovvero misurarsi con quella testimonianza come un grido che chiede di accettare e ricordare, laddove la mente stenta, razionalmente a credere”. In altre parole, Calvino “intuisce con precisione quella che è la funzione civile” del libro. Claudio Vercelli, che ripercorre le tappe che portarono all’espulsione degli ebrei libici. “Composta in origine di 40mila elementi spiega dal 1948 la comunità conobbe una progressiva emorragia. Questo processo fu incentivato dall’indipendenza nazionale del 1951 e poi dall’ingresso nella Lega araba, con lo scioglimento degli organismi comunitari ebraici e la negazione della cittadinanza libica, a fronte del crescente antisemitismo. Nel 1967, dopo la guerra dei Sei giorni, le violenze si ripeterono portando a veri e propri pogrom”. La quasi totalità dei 7000 ebrei rimasti “furono quindi trasferiti in Italia, mentre i loro beni venivano confiscati”.
Giacomo Todeschini, che si sofferma sull’origine medievale del cliché che associa gli ebrei all’usura. “Lo stereotipo dell’ebreo abile maneggiatore di denaro racconta cominciò a diffondersi nel XII secolo, in conseguenza dell’inquietudine provocata all’interno delle chiese e dei monasteri dai nuovi giochi dei mercati e dalla dialettica finanziaria che ne costituiva il nocciolo”. Tra dodicesimo e tredicesimo secolo, sottolinea Todeschini, “l’importanza politica crescente del papato coincise con una intensificazione dell’antigiudaismo cristiano”. Evento cruciale in tal senso il IV concilio lateranense del 1215.
Pagine Ebraiche Gennaio 2022