Il futuro processuale di Netanyahu
L’ex Premier valuta il patteggiamento

L’ex Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sta negoziando un accordo con la Procura generale dello Stato nei tre processi a suo carico per corruzione, frode e abuso di potere. Il patteggiamento potrebbe costringerlo ad uscire dalla vita politica del paese per diversi anni, raccontano i media locali. Secondo il quotidiano Yedioth Ahronoth i legali di Netanyahu starebbero spingendo affinché il loro assistito accetti, mentre la moglie e i figli sarebbero contrari e vorrebbero proseguire il processo che definiscono una “caccia alle streghe”. Rispetto al possibile accordo con il Procuratore Generale Avichai Mandelblit, uno dei punti centrali è la previsione della “condotta disonorevole”, clausola che impedirebbe a Netanyahu di ricoprire cariche all’interno della Knesset o del governo per i prossimi sette anni. Un’eventualità che potrebbe mettere fine alla sua intera carriera politica. Però eviterebbe il pericolo di finire in prigione. “Tutto quello che l’ex Primo ministro deve fare è dichiararsi colpevole di due accuse di frode e abuso di fiducia, e in cambio la terza accusa di frode e quella di corruzione saranno ritirate”, scrive il giornalista Anshel Pfeffer, autore di una biografia dedicata a Netanyahu. Secondo Pfeffer il sì al patteggiamento non rappresenta necessariamente la parola fine per l’attuale leader dell’opposizione e del partito Likud. Questo se, una volta firmato l’accordo, sarà in grado di “convincere la sua base che lo ha fatto per il bene della nazione, non perché colpevole. Non potrà candidarsi di nuovo per sette anni, ma questo non significa che debba rinunciare alla leadership del Likud. – spiega il giornalista di Haaretz – Non guiderà il partito nelle prossime due o tre elezioni, ma lavorerà duramente per minare ogni potenziale nuovo leader e cercherà di installare dei custodi che gli giurino fedeltà come capi provvisori del partito e candidati a primo ministro”. Per poi tornare all’età di 80 anni da protagonista sulla scena politica.
Diversi analisti in queste ore definiscono però l’accordo come improbabile. Questo perché il procuratore Mandelblit, all’epoca nominato da Netanyahu, terminerà il suo incarico a fine mese e i suoi successori non sembrano disposti a dare le stesse garanzie all’ex Premier. In più, lo stesso Mandelblit non appare disposto a transigere sulla previsione della “condotta disonorevole”, che invece Netanyahu vorrebbe eliminare. “La possibilità che ci sia un accordo con Mandelblit è molto piccola. I media stanno andando molto oltre la realtà. – le dichiarazioni di una fonte vicina al procuratore rilasciate al Canale di notizie 12 – In pratica, non c’è quasi più tempo, anche se la difesa accetta le condizioni del procuratore generale”.
Nel frattempo i sostenitori di Netanyahu hanno organizzato alcune manifestazioni, esprimendo la propria contrarietà a un patteggiamento. Contrarietà espressa anche dalla maggior parte dell’opinione pubblica israeliana seppur per ragioni diverse. Secondo un sondaggio dell’emittente Kan, infatti il 49 per cento degli intervistati si è detto convinto che debba essere il Tribunale di Gerusalemme a dover raggiungere una decisione sul caso contro un 28 per cento che crede che sia diritto di Netanyahu ottenere il patteggiamento. Dallo stesso sondaggio emerge poi che il 36 per cento considera Netanyahu colpevole per tutti i capi d’accusa, il 19 lo considera colpevole ma non per il caso di corruzione, il 22 lo ritiene innocente, e un ultimo 23 preferisce non esprimersi.