Spiati dalla polizia senza permesso,
 il caso che scuote Israele

Un pericolo per la democrazia israeliana. È la definizione più ricorrente sui media del caso che sta scuotendo l’intero paese. Secondo un’inchiesta giornalistica del sito Calcalist, la polizia avrebbe usato il controverso spyware Pegasus per spiare i propri cittadini senza il necessario via libera dei tribunali. Tra coloro che hanno avuto i telefoni sotto controllo ci sono sindaci, leader di proteste politiche contro l’ex Premier Benjamin Netanyahu, il figlio dello stesso Netanyahu e alcuni suoi consiglieri, uomini d’affari, giornalisti. Una lunga lista che sta generando un vero e proprio terremoto che coinvolge tutta la società. Per fare chiarezza il ministro della Pubblica Sicurezza Omer Bar-Lev ha deciso di formare una commissione governativa d’inchiesta. “Le cose che sono state riportate, se vere, sono molto gravi”, il commento del Primo ministro Naftali Bennett. Il Premier ha ricordato che programmi come Pegasus – al centro già di una polemica internazionale e prodotto dall’azienda Nso – sono nati per contrastare il terrorismo e altri crimini gravi. “Ma non sono destinati al ‘phishing’ diffuso di cittadini israeliani o contro figure pubbliche dello Stato di Israele. Quindi abbiamo bisogno di sapere esattamente cosa è successo”.
Creato per aiutare i governi a tracciare attività criminali e terroristiche, Pegasus permette a chi lo utilizza di monitorare ogni aspetto dello smartphone intercettato: chiamate, messaggi, foto e video. Per usarlo su cittadini israeliani, la polizia deve ottenere un mandato da un giudice. Secondo il giornalista Tomer Ganon di Calcalist invece questo non è accaduto in decine di casi e lungo diversi anni. L’uso illegittimo dello spyware sarebbe infatti iniziato nel 2015. “Non c’è nemmeno una supervisione sui dati raccolti, sul modo in cui la polizia li usa e su come li distribuisce ad altre agenzie investigative”, la denuncia di Ganon. 
I vertici della polizia così come il ministro della Pubblica Sicurezza hanno inizialmente negato ogni uso illegittimo di Pegasus, per poi aprire ad un’indagine interna. Sia il ministro Bar Lev che il capo della polizia Kobi Shabtai hanno precisato che ogni eventuale attività illegittima è stata condotta prima della loro entrata in carica. 
Il caso è esploso a fine gennaio con i primi articoli di Ganon. Tutti i media israeliani hanno coperto la notizia, andando sempre più a fondo della questione. Ora è arrivata la notizia della Commissione d’inchiesta, richiesta anche dal Presidente d’Israele Isaac Herzog. “Il sistema delle forze dell’ordine non può porsi al di sopra della legge. Non dobbiamo perdere la nostra democrazia. – ha dichiarato Herzog – Non dobbiamo perdere la nostra polizia. E certamente non dobbiamo perdere la fiducia del pubblico. Questo richiede un esame approfondito e completo”.
Dalle inchieste giornalistiche emerge che la polizia israeliana avrebbe usato lo spyware dell’azienda Nso sia per indagare possibili crimini, sia per raccogliere informazioni da usare in futuro sulle persone intercettate. “Lo spyware dell’azienda israeliana, che ha guadagnato una reputazione famigerata negli ultimi anni dopo essere stato usato da regimi oppressivi per spiare i dissidenti, – scrive Calcalist – è stato utilizzato, per esempio, dall’unità SIGINT della polizia per cercare prove di corruzione nel cellulare di un sindaco in carica, durante la fase in cui l’indagine era ancora riservata. L’hacking a distanza ha fornito in questo caso prove di reati penali. Queste prove sono state in seguito mascherate come intelligence e sono state seguite dall’apertura di un’indagine ufficiale. In questa fase, le prove già note alla polizia sono state legalmente sequestrate con un mandato di perquisizione fornito da un giudice”. Inizialmente però non è arrivato il via libera necessario di un tribunale e questo è uno degli elementi più problematici e duramente criticati.
Altra criticità, sempre evidenziata dall’inchiesta di Calcalist, la scelta della polizia di usare Pegasus “per ottenere informazioni nel telefono di un obiettivo di intelligence senza sapere in anticipo se quest’ultimo avesse commesso qualche crimine”. In particolare il giornalista Ganon racconta di un sindaco in carica contro cui è stato usato lo spyware. Dal telefono del politico in questo modo sono emersi dei messaggi considerati sospetti con un imprenditore. “Tuttavia, questo caso non ha portato a un’accusa contro il sindaco. I dati, raccolti dallo spyware, rimangono alla polizia e quel sindaco probabilmente non ha idea che i suoi messaggi siano mai stati sequestrati”.
A sintetizzare la frustrazione dell’opinione pubblica rispetto all’intera vicenda, l’editorialista di Yedioth Ahronot Nadav Eyal. “Come dovrebbero sentirsi i cittadini questa mattina, quando sanno che con la semplice pressione di un pulsante e senza alcuna discrezione, apparentemente senza un ragionevole sospetto e un’ingiunzione del tribunale, le loro vite private avrebbero potuto essere calpestate?”.