“L’Iran vede una lezione in Ucraina: abbandonare l’Occidente per l’Est”
Il nuovo accordo sul nucleare iraniano è quasi pronto e presto, dicono gli esperti, sarà firmato a Vienna. L’intesa, meno rigida di quella siglata nel 2015, permetterà un consistente afflusso di denaro nelle casse iraniane. Soldi, ha più volte denunciato Israele, che saranno usati anche per finanziare l’aggressività di Teheran in Medio Oriente e il terrorismo internazionale. Ma, con l’accordo ormai ai dettagli finali, Israele dovrà prendere atto della realtà e prepararsi a un nuovo domani, spiega a Pagine Ebraiche l’esperto israeliano Raz Zimmt. Un domani in cui l’Occidente avrà sempre meno influenza sull’Iran, ormai proiettato verso un altro orizzonte. “La politica ufficiale della leadership di Teheran negli ultimi anni segue il motto ‘guardare verso Est’. Non legarsi all’Occidente, considerato in declino, ma alla nuova potenza emergente, la Cina”. Una convinzione, aggiunge Zimmt, che si è consolidata ancora di più alla luce del conflitto in Ucraina.
Cosa accadrà con la nuova intesa sul nucleare?
Gli americani rimuoveranno le sanzioni imposte all’Iran da Trump, che nel 2018 era uscito dalla prima intesa. Non saranno toccate invece la maggior parte delle sanzioni estranee al programma nucleare. Per parte americana, il compromesso è stato rinunciare alla richiesta di futuri negoziati per migliorare alcuni elementi dell’accordo. Per l’Iran, rinunciare alla richiesta, impossibile per un regime democratico, che gli Stati Uniti non possano più recedere dall’accordo.
Quali sono le differenze principali di questa intesa rispetto alla precedente?
La differenza non è tanto nell’accordo, ma è nei progressi compiuti dall’Iran nel settore della ricerca e dello sviluppo negli ultimi due anni. La maggior parte delle azioni compiute dall’Iran dalla sua decisione nell’estate del 2019 di violare i propri impegni con il JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action) sono reversibili. Ma quando si tratta di ricerca e sviluppo, per esempio della conoscenza iraniana di come arricchire l’uranio al 60 per cento o come utilizzare le centrifughe più avanzate, ecco questo è irreversibile. Quel know how ora esiste in Iran. Quindi, anche se c’è un ritorno all’accordo, l’Iran non sarà più a circa dodici mesi dal breakout nucleare (capacità di dotarsi di un ordigno nucleare), come lo era dopo la firma del primo accordo. Sarà probabilmente attorno ai sei e gli otto mesi. Quindi questo, naturalmente, rende il prossimo accordo più debole e peggiore del del precedente.
Cosa può fare Israele per per influenzare la situazione?
Israele a questo punto non può fare molto sul fronte del nucleare iraniano, se non prepararsi militarmente a operazioni future. O intervenire nel caso l’Iran dovesse violare il nuovo accordo.
La Russia ha cercato di influenzare all’ultimo momento l’accordo. Voleva inserire una clausola per aggirare le sanzioni contro Mosca dovute all’invasione dell’Ucraina e permettere così maggior libertà di manovra negli scambi con l’Iran. Teheran ha detto di lasciar fuori l’accordo sul nucleare da tutto questo, ma qual è la sua posizione su quanto accade in Ucraina?
La leadership politica e religiosa iraniana ha espresso il proprio sostegno alla Russia e ha dato la colpa della guerra alla Nato e all’Occidente. Ribadiscono la retorica secondo cui gli atti della Nato, guidati dagli Stati Uniti, hanno rappresentato una chiara minaccia alla sicurezza nazionale della Russia, e l’hanno costretta a fare una mossa per preservare i suoi interessi vitali. Dall’altro lato, diversi funzionari iraniani hanno espresso preoccupazione per la continuazione della guerra e chiedono di terminarla al più presto. Il campo invece pragmatico-riformista, nonché minoritario, sostiene che l’Iran debba condannare l’aggressione russa ed evitare di appoggiarla esplicitamente.
Perché questo sostegno?
Negli ultimi anni, il crescente isolamento internazionale dell’Iran lo ha incoraggiato ad adottare la politica dello “sguardo a est”. Questa tendenza è diventata ancora più pronunciata dopo l’elezione del presidente della linea dura, Ebrahim Raisi, che condivide il punto di vista della Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, che sostiene il rafforzamento dei legami con la Russia e la Cina come alternativa ai legami con l’Occidente. Nonostante questo, l’Iran è ben consapevole che la Russia opera in base ai propri interessi, che non sempre si allineano con i suoi. Un esempio, quanto accade in Siria dove Teheran vorrebbe espandere la propria influenza, ma Mosca frena per portare avanti i propri interessi economici e militari. E per questo permette a Israele di continuare a colpire obiettivi iraniani.
Quanto accade in Ucraina ha un riflesso sulla politica iraniana?
L’Iran ha recepito tre lezioni dalla crisi ucraina. La prima: l’invasione russa ha ulteriormente rafforzato la convinzione del regime iraniano che il potere dell’Occidente e degli Stati Uniti è in declino. Una convinzione simile era già stata evocata con il ritiro dall’Iraq e dall’Afghanistan. Ora il caso Ucraina l’ha rinforzata e viene raccontata come una conquista strategica. Oltre a servire nell’ottica del “guardare verso Est”.
La seconda lezione, secondo l’Iran, è per i suoi vicini in Medio Oriente. Il messaggio a loro è “guardate che fine fa chi si fida di Stati Uniti ed Europa. Sono dei traditori, non intervengono militarmente per aiutare l’Ucraina. L’hanno abbandonata. Noi invece abbiamo sempre difeso i nostri alleati”.
Terza lezione, gli sviluppi in Ucraina sono visti come un’ulteriore prova della necessità di mantenere e migliorare le capacità militari strategiche dell’Iran. In particolare il suo arsenale missilistico a lungo raggio, che gli fornisce capacità difensive e di deterrenza nei confronti dei suoi nemici.
La seconda lezione, l’avvertimento ai paesi vicini può danneggiare gli Accordi di Abramo siglati con i paesi del Golfo?
Per il momento no, ma è una questione di prossimità. Gli Emirati Arabi Uniti sono i vicini diretti dell’Iran e per questo hanno riattivato il dialogo diplomatico con Teheran, continuando allo stesso tempo a fare affari con Israele. Vogliono aumentare la collaborazione con lo Stato ebraico, anche militare. Ma alla fine la geografia conta: Israele è a migliaia di chilometri di distanza. L’Iran è lì a due passi. I paesi del Golfo sanno calcolare il rischio. Anche loro hanno visto cosa è accaduto in Afghanistan e ora in Ucraina. Eventi che rinforzano l’idea che puoi avere ottimi rapporti con gli Stati Uniti, ma è meglio se li mantieni buoni anche con la tua potenza regionale. In questo caso l’Iran.
Daniel Reichel