“Un paese senza governo non esiste
La crisi mette in gioco
il futuro d’Israele”

La crisi in corso nella politica israeliana, con l’attuale governo rimasto senza maggioranza dopo la defezione di una parlamentare – Idlit Silman – , rappresenta un problema più serio rispetto alla semplice sopravvivenza dell’attuale esecutivo. “Il vero pericolo qui è strategico ed esistenziale: Israele rischia seriamente di non avere un governo permanente. Senza, è l’intero paese che cessa di funzionare”, l’allarmata analisi del demografo Sergio Della Pergola a Pagine Ebraiche. All’orizzonte infatti al momento non si vedono soluzioni alla crisi. La coalizione di governo, retta dal Premier Naftali Bennett e dall’alleato Yair Lapid, non ha più i numeri alla Knesset per guidare il paese. Ma neanche l’opposizione dell’ex Primo ministro Benjamin Netanyahu appare in grado di raggiungere i 61 seggi necessari per avere la maggioranza e comporre un nuovo esecutivo. “Un ritorno al voto, secondo i sondaggi, non cambierebbe la situazione sul terreno, lasciando ancora una volta Israele nell’instabilità”, spiega Della Pergola.
Per il demografo, docente dell’Università Ebraica di Gerusalemme, il vero tema non è la giustificazione data da Silman per motivare il suo passo indietro. “Chiaramente si tratta di un pretesto, generato da una dichiarazione formulata in modo sconsiderato dal ministro della Sanità Nitzan Horowitz”. Quest’ultimo, con una circolare, ha dichiarato di voler dare seguito a una sentenza dell’Alta Corte per permettere di introdurre negli ospedali alimenti lievitati (Chametz) durante la festa ebraica di Pesach. Un via libera in contrasto con il divieto per gli ebrei di consumare questi alimenti durante la festa. “Tutto quello che è di dominio pubblico è ovviamente casher le Pesach (conforme alle regole della festa) in Israele. E anche negli ospedali accade così. Il problema è legato a chi entra nelle strutture. Penso che il 99 per cento delle persone rispetti il divieto e solo un uno percento no. In ogni caso è un problema grottescamente marginale, considerando peraltro che la sentenza della Corte è di un anno fa quando ancora il Primo ministro era Netanyahu”. L’opinione di Della Pergola, condivisa dalla maggior parte delle analisi apparse in queste ore, è che Silman “abbia semplicemente ceduto alle pressioni e alla corte del Likud. Il partito di Netanyahu ovviamente vuole affossare la coalizione di governo. E la parlamentare di Yamina, il partito di Bennett, è stata individuata come l’anello debole. Pare le sia stato offerto il ruolo di ministro della Sanità nel prossimo esecutivo e lei ha ceduto”. Ora il Likud, aggiunge Della Pergola, sta lavorando per arruolare altri uomini di Yamina. “Il che la dice lunga sulla capacità di Bennett di scegliere i propri compagni di partito. Sin da subito, con la firma dell’accordo di coalizione, ne ha perso uno. Ora con Silman un’altra”. Ma il Likud vorrebbe strappargli anche la sua numero due, Ayelet Shaked, che ha mire da Premier. “Su Shaked però c’è il veto della moglie di Netanyahu, Sara, per cui vedremo. Il Likud in queste ore ha dichiarato che non è in trattativa con lei, ma suona molto come quando il presidente di una squadra dice che non esonererà l’allenatore”.
Secondo le stime più accreditate, Netanyahu non sarà comunque in grado di raggiungere i 61 seggi necessari a formare un nuovo governo. “In più in gioco c’è la Lista araba unita che potrebbe garantire, dall’esterno, i voti all’attuale esecutivo per andare avanti. Considerando che non vogliono in nessun modo permettere a Netanyahu di tornare al potere, potrebbe accadere. Ma anche loro sono divisi al proprio interno”. Sul ruolo del mondo arabo israeliano, Della Pergola aggiunge una valutazione. “Deve far riflettere come l’equilibrio della democrazia israeliana si poggi ora sui partiti arabi. Oltre a Raam, già nel governo, adesso è la Lista araba unita ad essere decisiva. Questo ci dice che dobbiamo riconoscere apertamente che Israele è uno stato binazionale. Una lista araba ha il potere di non dare un governo al paese, un successo strategico per loro”.
Un successo che si inserisce in un mondo politico sempre più diviso, in cui i partiti sono il solo riflesso dei rispettivi leader, non hanno una propria struttura democratica interna e, in molti casi, non hanno grandi differenze ideologiche. “Vale per il partito di Bennett, per quello di Lapid, per Saar, per Lieberman, per Gantz. Paradossalmente, a parte la sinistra laburista e del Meretz, solo il Likud segue l’iter democratico e fa delle primarie interne. Però il suo destino oggi dipende esclusivamente da Netanyahu: non c’è nessuno in grado di sfidarlo e lui non ha alcuna intenzione di lasciare la leadership”. L’opzione di un governo guidato da qualcuno del Likud che non sia Netanyahu è per Della Pergola irrealistica. “Il processo a suo carico non sta andando bene e quindi ha bisogno di tornare al potere. In più, per la legge israeliana, non potrebbe diventare ministro con un procedimento a carico. Ma niente gli vieta di diventare Premier”.
In questo quadro di divisioni e scontri si prospetta quindi il rischio di una nuova paralisi politica per Israele. “Ripeto, è inutile illudersi e dire che se noi risolviamo il problema del chametz nell’ospedale, allora abbiamo risolto tutto. Qui in gioco c’è l’esistenza dello Stato di Israele”. Per il demografo il caso Silvan è un esempio di come manchi una visione di futuro, di collettività, nella politica del paese. “Il fatto che lei, a cui è stato promesso il ruolo di ministro della Sanità, per perseguire i propri obiettivi metta in ballo la stessa esistenza dello Stato di Israele, dimostra a che punto è arrivata la nostra politica. In mano di chi è e qual è il modo di ragionare: cioè anteporre l’interesse personale all’interesse del collettivo. – afferma Della Pergola – E il collettivo qui è sia il popolo israeliano, ma è anche il popolo ebraico nella sua totalità, perché quest’ultimo, privato dello Stato di Israele, onestamente possiamo dire che è ben poca cosa”.

Daniel Reichel