Gerusalemme, alta tensione

Gerusalemme e in particolare l’area attorno alla moschea Al Aqsa sono ancora una volta al centro delle preoccupazioni delle forze dell’ordine israeliane. Il movimento terroristico di Hamas, dalla Striscia di Gaza, ha lanciato un appello ai palestinesi perché si rechino in massa nel luogo sacro della Città Vecchia. Il tentativo è quello di rendere ancora più incendiaria una situazione già ad altissima tensione, nel giorno in cui i palestinesi sfilano per quella che definiscono la “catastrofe” (Nakba), ovvero la nascita d’Israele. A Tel Aviv, presso l’università, si sono registrati scontri tra manifestanti con bandiere palestinesi e attivisti legati a organizzazioni della destra israeliana. La polizia è intervenuta e ci sono stati alcuni fermi. Nel frattempo è arrivata anche la notizia della morte di Daoud Zubeidi, fratello di uno dei terroristi palestinesi che, nel settembre scorso, erano riusciti a evadere momentaneamente dalla prigione Gilboa. Secondo quanto riportano i media locali, Zubeidi è morto inseguito alle ferite riportate nel corso di uno scontro a fuoco con i soldati israeliani, impegnati venerdì in una larga operazione antiterrorismo nell’area attorno a Jenin. I gruppi terroristici palestinesi della zona – tra cui le Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, legate a Fatah, e le Brigate Al-Quds della Jihad islamica – hanno minacciato di “aprire le porte dell’inferno” nel caso in cui a Zubeidi fosse accaduto qualcosa mentre era in custodia israeliana.
Il governo di Gerusalemme “non impone limiti alla lotta contro il terrorismo. Non ci arrenderemo, neanche di fronte alla falsa propaganda che si scaglia contro Israele”, la replica indiretta del Premier israeliano Naftali Bennett nella riunione di inizio settimana. “I terroristi palestinesi sono quelli che hanno recentemente ucciso 19 dei nostri figli e figlie, con una crudeltà inimmaginabile”. Il riferimento è all’ondata di attacchi terroristici che da fine marzo ha segnato il paese e ha innescato una nuova spirale di violenza. Nelle sue dichiarazioni odierne Bennett non ha fatto riferimento alla questione aperta sulla morte della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh. Oltre alle dinamiche ancora non chiarite rispetto al caso, a far discutere sono stati anche gli incidenti avvenuti durante il corteo funebre organizzato per la reporter. Ad essere coinvolta la polizia israeliana, sulle cui azioni è stata aperta un’indagine interna. Ad annunciarlo, il commissario Kobi Shabtai, in coordinamento con il ministro della Pubblica Sicurezza Omer Bar-Lev, che ha chiesto che i risultati dell’indagine vengano presentati nei prossimi giorni. L’indagine si concentrerà sui preparativi fatti dalla polizia in vista del funerale ed esaminerà le cause che hanno generato il duro confronto tra agenti e le persone che partecipavano al corteo. “Purtroppo, nel corso del funerale, si sono verificati gravi episodi di violenza da parte dei partecipanti che hanno peggiorato la situazione sul posto”, ha dichiarato Bar-Lev ai media. Ci sarà, ha aggiunto, “un’indagine completa su quanto accaduto durante il funerale al fine di trarre insegnamento dall’incidente”.
Jenin e Gerusalemme rimangono intanto aree calde e terreno di conflitti. Soprattutto il campo profughi nel nord della Cisgiordania continua a rappresentare un problema sul fronte sicurezza. Qui è avvenuto l’incidente che ha portato alla morte di Abu Akleh. Qui ci sono stati gli scontri più gravi, con perdite da entrambe le parti. A riguardo, Bennett ha voluto ricordare il sergente maggiore Noam Raz, morto dopo le ferite riportate in un’operazione a Jenin.
“Noam, residente nella comunità di Kida, lascia dietro di sé Efrat e sei figli, oltre a una chiara eredità: amare il proprio Paese, contribuire allo Stato e combattere i nemici con determinazione senza compromessi”.