Dossier Italkim
“Ebraismo italiano, patrimonio d’Israele”

“Egregio Signore, Abbiamo il piacere di comunicarLe che nei prossimi Jamim Noraim avranno luogo delle Tefilloth di rito italiano a Gerusalemme, nei locali della scuola Margalioth (Rechov Haneviim, presso Rechov Jafo, di fronte all’ospedale inglese). Confidiamo che la S.V. si interesserà a questo nostro tentativo di far rivivere nella città santa questo antico rito, che trae direttamente origine dal vecchio rito di Eretz Israel e che vorrà partecipare alle Tefilloth”. Così scrivevano nel settembre del 1940 rav Menachem Emanuele Artom e Giorgio Pirani, mossi dal desiderio di organizzare nella Gerusalemme frastornata dalla guerra una tefillah (preghiera) di rito italiano. “Quello stesso rito italiano, che nell’Italia risorgimentale e liberale prima e fascista poi, veniva impiegato per rivendicare un certo orgoglio di appartenenza nazionale, in quanto retaggio culturale e religioso esclusivo degli italiani di religione ebraica, ora, a Gerusalemme, veniva trasformato dalla comunità italiana in elemento fondante di una nuova identità” spiegava Angelo Piattelli nel corso di una conferenza dedicata al contributo degli ebrei italiani alla costruzione d’Israele. A questo aspetto si aggiungeva il desiderio più sostanziale di costituire una comunità, a modello delle decine di comunità d’origine, che potesse fungere da polo culturale e sociale aggregante per quanti condividevano lo stesso patrimonio culturale e linguistico. Una spinta che è proseguita nel corso dei decenni, arricchendosi di altre esperienze in tutto il paese. In quei primi anni in cui lo Stato di Israele ancora si andava formando, nacque la Hevrat Yehudè Italia lif’ulà ruhanit (Associazione degli ebrei italiani per l’attività spirituale 1946). Obiettivo quello di valorizzare le tradizioni dell’ebraismo italiano e integrarle nel nascente Stato ebraico. Già operativo in quegli anni l’Irgun Olei Italia, l’associazione di rappresentanza degli italiani in Eretz Israel concepita sia a fini assistenziali, “sia sottolineava Piattelli con l’intento più generale di unificare il gruppo italiano in via di frammentazione”. Nonostante i piccoli numeri il dibattito interno già allora aveva evidenziato le tante anime presenti nella comunità degli italkim. Una realtà che, sottolinea oggi Michi Raccah, presidente della Hevrat Yehudei Italia beIsrael (organo erede di quello voluto da rav Artom e Pirani) ha dato tanto al paese. “Il ruolo degli italkim è importantissimo nel grande miracolo chiamato Israele, con tante eccellenze che nel tempo hanno contribuito alla nascita e allo sviluppo del paese in numerosi settori: dalla scienza all’agricoltura, dal diritto alla medicina, dalla ricerca alla tecnologia”. Tra i personaggi che Raccah ricorda ci sono Enzo Sereni, partigiano e fondatore del kibbutz Ghivat Berenner; rav Umberto Cassuto, rabbino, storico ed ebraista di fama internazionale; Roberto Bachi, che contribuì alla nascita dell’Ufficio centrale israeliano di statistica di cui fu primo direttore; Yoel De Malach, tra i fondatori del kibbutz Revivim nel Negev e Premio Israel grazie alle sue ricerche innovative sull’agricoltura nelle zone aride. E ancora il giurista Gad Tedeschi, che dopo due anni di docenza all’Università Ebraica di Gerusalemme, fondò assieme ad alcuni colleghi la facoltà di Giurisprudenza. “E si potrebbero fare molti altri esempi”, sottolinea Raccah. “Siamo circa 25-30mila italiani in Israele oggi, la grande maggioranza ebrei spiega Beniamino Lazar, presidente del Comites di Gerusalemme Il legame che coltiviamo e manteniamo con l’Italia rimane solido e la visita del Presidente del Consiglio Mario Draghi ne è una dimostrazione”. Nella fitta agenda della sua missione israeliana Draghi ha infatti dedicato oltre un’ora del suo tempo per portare il proprio saluto agli italkim e visitare la struttura di via Hillel. “Abbiamo accolto nel tempo capi di governo e Stato italiano, ma non è mai un fatto scontato”, afferma Lazar. Intanto, al di là delle visite di Stato, i progetti del Comites di Gerusalemme e Tel Aviv proseguono con un impegno volto a semplificare soprattutto tutte le questioni burocratiche tra Italia e Israele. “Lavoriamo per dare soluzioni ai problemi della quotidianità”, la sintesi di Lazar.
Per gli italkim invece Raccah immagina un progetto futuro da portare avanti: “Costruire una sorta di Unione delle Comunità qui. Non un ente formale, ma un forum in grado di facilitare la collaborazione tra di noi”.

Dossier Italkim, Pagine Ebraiche Luglio 2022