“In Israele i giovani hanno un futuro.
Il problema è la politica divisiva”

“Il problema di Israele è la politica. Chiaramente questa è la madre di tutte le sue recenti disgrazie, tra divisioni e polarizzazioni. D’altra parte non sono pessimista perché vedo un fatto che non si vede altrove: qui le nuove generazioni hanno un luccichio negli occhi, non sono spente come in altre realtà. Sono proiettate verso il futuro, hanno ambizione e progettano in grande”. Nonostante una situazione politica instabile e fragile in modo preoccupante, Israele può contare sui suoi giovani. È questa, sottolinea a Pagine Ebraiche Sergio Della Pergola, la chiave del suo futuro. Illustre demografo, docente dell’Università Ebraica di Gerusalemme, analista della politica israeliana, Della Pergola sarà protagonista della prossima edizione a metà agosto di Redazione aperta, il laboratorio giornalistico organizzato dalla redazione di Pagine Ebraiche a Trieste. Un incontro con lo sguardo rivolto all’attualità: al Primo novembre, quando per la quinta volta in meno di quattro anni gli israeliani torneranno a votare. “Sarà un momento decisivo per la nostra democrazia”, afferma Della Pergola, che ribadisce le sue critiche alla figura che ha dominato la politica israeliana degli ultimi vent’anni: Benjamin Netanyahu. “Se dovesse andare al governo, ha annunciato che farà una riforma per nominare lui direttamente i giudici della Corte Suprema. Un’iniziativa che metterebbe fine al più elementare dei principi democratici: la separazione dei poteri”. Per il demografo dunque un ritorno al potere di Netanyahu rappresenterebbe un pericolo. “Gli va riconosciuto di aver contribuito a portare Israele a ritagliarsi un suo spazio in ambito internazionale”. Gli Accordi di Abramo su tutti sono stati un successo del leader del Likud, in collaborazione “con un personaggio che considero estremamente discutibile come Trump”. Detto questo però, per Della Pergola “a 72 anni sarebbe anche ora che Netanyahu lasciasse spazio ad altri. Anche perché senza di lui, il governo si farebbe immediatamente, senza lasciare spazio agli estremisti. Nessun partito moderato ha infatti una pregiudiziale nei confronti del Likud, ma nei confronti del suo attuale capo. Tanto più che è stato incriminato”. L’esempio dovrebbe essere l’ex Premier Ehud Olmert, che una volta incriminato rassegnò le dimissioni (poi fu giudicato colpevole per corruzione aggravata e incarcerato per otto mesi).
In ogni caso la politica israeliana rappresenta al momento il punto debole d’Israele, un tema di cui Della Pergola discuterà in un incontro organizzato per questa sera a Firenze (domani all’Università della città, su invito della docente di pedagogia Silvia Guetta, parlerà invece di antisemitismo e negazionismo). La parentesi del governo Bennett, ora sostituito dal Premier ad interim Yair Lapid, è stata un’occasione per dare almeno alcune risposte. “Quel governo è arrivato al potere in una vera e propria emergenza nazionale, con il paese allo sbando dopo quattro elezioni e in cui si è andati avanti senza un Bilancio, salvo quello per l’ordinaria amministrazione. Tutto questo mentre si doveva affrontare la pandemia, la crisi economica ad essa collegata, mentre c’era una paralisi totale dell’amministrazione dello Stato con il blocco di alcune nomine vitali come quelle della polizia, della giustizia, degli esteri”.
Secondo Della Pergola il governo Bennett, pur con tutte le sue contraddizioni e fragilità, ha messo una pezza a quella condizione emergenziale, votando il Bilancio e nominando alcune cariche chiave. “A livello macro il paese è stato salvato: la disoccupazione è scesa dal 26 per cento al 3, l’economia è in piena ripresa, molti dei debiti prodotti dalla pandemia sono stati ripagati. Certo a livello micro la situazione continua ad essere difficile: i prezzi di molti beni sono aumentati e ora sono altissimi. Singoli e famiglie ne risentono e quindi sono sempre più arrabbiati. Ma non si può pensare sia colpa di un governo durato un anno”. Il problema è una situazione globale complicata dalla guerra in Ucraina, dalle sanzioni alla Russia, dalle mancate esportazioni cinesi. “Solo la propaganda di partito può pensare di attribuire tutto questo all’esecutivo appena caduto”.
In questa condizione internazionale fragile e di politica interna turbolenta, Della Pergola ricorda però come per Israele ci sia un futuro. “Io dico sempre che lo stesso fatto che qui le famiglie desiderino avere tre figli, non uno, non sia un dato triviale. È una scelta volontaria che racconta di un grande ottimismo. Nessuno ti obbliga. Lo fai perché sai che qui vale la pena guardare al domani. Questa è una linea discriminante assoluta che c’è fra Israele e gli altri Paesi, compresa l’America”. E i rapporti con la diaspora Usa, così come il futuro dell’ebraismo italiano saranno alcuni dei temi che Della Pergola approfondirà in occasione di Redazione Aperta.

dr