Il Medio Oriente dell’era Trump

Uno dei pochi punti di contatto tra l’amministrazione Biden e quella guidata dal predecessore Trump è rappresentata dalla gestione dei legami con il Medio Oriente. Trump ha avuto un ruolo centrale per portare a casa la normalizzazione dei rapporti tra Israele e alcuni paesi arabi. Un obiettivo raggiunto attraverso gli Accordi di Abramo, considerati oggi da Biden un elemento non solo positivo, ma da sviluppare rispetto alle politiche Usa nella regione. Tra i protagonisti di quella che di fatto è diventata una nuova stagione per il Medio Oriente c’era il genero di Trump, Jared Kushner. A lui, assieme ad altri consiglieri, l’ex presidente Usa aveva affidato il tentativo di scardinare le vecchie politiche e aprire a un percorso nuovo che unisse Gerusalemme ai paesi del Golfo. Un’operazione di cui lo stesso Kushner racconta ora i dettagli nel suo libro Breaking History: A White House Memoir. Il volume, che sarà pubblicato il 23 agosto, è già al centro delle discussioni negli Stati Uniti grazie a diverse anticipazioni. Si parla molto dei suoi controversi rapporti con il principe saudita Mohammed Bin Salman, ma anche di alcune conversazioni con altri rappresentanti del Golfo. Ad esempio si racconta di un incontro nel 2019 in Oman con il sultano Qaboos bin Said. Kushner, riporta il Forward, scrive di essere rimasto shoccato da quella conversazione perché il sultano – scomparso l’anno successivo – gli disse chiaramente che “per anni, i leader arabi hanno deliberatamente alimentato il conflitto tra Israele e i palestinesi per sviare l’attenzione dalle proprie carenze interne e raccogliere il sostegno popolare”.
Qaboos aveva detto che in privato i leader arabi “erano molto più disposti ad ammettere i benefici che Israele portava alla regione”. E nel libro si riporta che il sultano si sarebbe spinto – considerando la sua posizione – a dare “un po’ di colpa ad Abbas per la sua incapacità di trovare soluzioni e per il suo ruolo nel perpetuare il conflitto”, aggiungendo però che “il suo cuore è nel posto giusto”.
Rispetto poi agli equilibri mediorientali, Kushner afferma di essere rimasto sorpreso dalla spiegazione del sultano Qaboos secondo cui “l’elemento più cruciale della pace arabo-israeliana è l’accesso alla Moschea di al-Aqsa sul Monte del Tempio”, aggiungendo di provare “disappunto per il fatto che per anni i media arabi hanno diffuso una falsa narrativa secondo cui Israele voleva distruggere la moschea”. Kushner sostiene quindi di aver voluto rendere questo tema il cuore della sua attività diplomatica, rimuovendolo dal tavolo del conflitto tra israeliani e palestinesi per porlo invece su quello della normalizzazione dei rapporti con i paesi arabi. 
A proposito di nuove strategie, nel libro si parla anche della decisione Usa di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Dalle anticipazioni del Forward emerge come Kushner racconti la frustrazione e la rabbia di Trump per la reazione “meno entusiasta del previsto” che avrebbe avuto l’allora Premier israeliano Benjamin Netanyahu davanti alla proposta del trasferimento. Secondo il genero del Presidente Usa, Netanyahu in una telefonata del 2017 con la Casa Bianca avrebbe solamente detto “se decidi di farlo, ti sosterrò”. 
Rispondendo al sito di notizie israeliano Walla, l’ufficio di Netanyahu ha smentito la notizia, affermando di aver chiesto a Trump di spostare l’ambasciata “diverse volte e di aver espresso grande apprezzamento per questa decisione”. In questa replica poi si afferma che non è detto che se Netanyahu non avesse placato i timori dell’amministrazione Trump rispetto alla possibile reazione palestinese, lo spostamento sarebbe avvenuto. Una ricostruzione diversa dunque dalle rivelazioni del libro di Kushner.