Gerusalemme, nuovi equilibri
con Washington

Con un occhio agli Stati Uniti e ai prossimi equilibri al Congresso, Israele si prepara per le consultazioni ufficiali tra il Presidente dello Stato Isaac Herzog e i partiti eletti alla Knesset. In queste ore iniziano infatti le consultazioni che non riserveranno grandi sorprese: il blocco guidato dal leader del Likud Benjamin Netanyahu, forte di una solida maggioranza (64 seggi su 120), lo indicherà come prossimo Primo ministro del paese. I partiti di opposizione andranno invece un po’ in ordine sparso, con il Premier uscente Yair Lapid che avrà il sostegno solo del suo Yesh Atid (24 seggi) e dei laburisti (4 seggi), mentre il partito degli ex generali dell’esercito Benny Gantz e Gadi Eisenkot (12 seggi) non indicherà nessuno. Le consultazioni finiranno venerdì e si terranno davanti alle telecamere. Una volta terminate, Herzog incaricherà Netanyahu che avrà 28 giorni (con una possibile proroga di altri 14 giorni) per chiudere gli accordi con gli alleati e dare un governo al paese. I negoziati dall’altra parte sono già in corso, con alcune aperture arrivate dal partito religioso Yahadut HaTorah. Inizialmente i leader Yitzhak Goldknopf e Moshe Gafni sembravano contrari a siglare un’intesa di coalizione non dettagliata. Ora però, scrivono i media locali, i due avrebbero cambiato idea per poter accelerare il cambio di governo. Obiettivo primario annunciato da Netanyahu. Il leader del Likud intanto ha ricevuto le congratulazioni dal Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, con cui si appresta a ricostruire una nuova collaborazione. I due si conoscono da tempo e Biden, si legge nella nota della Casa Bianca, nella conversazione con Netanyahu “ha ribadito la forza del partenariato bilaterale tra Stati Uniti e Israele, fondato su una base di valori democratici condivisi e interessi reciproci, e ha sottolineato il suo incrollabile sostegno alla sicurezza di Israele”.
Su Twitter Netanyahu ha scritto di aver ringraziato Biden per “l’amicizia personale che dura da 40 anni e per il suo impegno verso lo Stato di Israele”. Secondo il giornalista Ben Caspit, “nonostante il tono cordiale, Biden deve essersi reso conto che il suo interlocutore tifa con tutte le sue forze per una vittoria repubblicana alle elezioni di medio termine dell’8 novembre, almeno quanto Trump. I risultati determineranno, in larga misura, le prospettive di Netanyahu di manovrare Biden, come ha fatto abilmente con il suo predecessore democratico, Barack Obama. Una conquista repubblicana di entrambe le camere del Congresso – sostiene l’esperto giornalista di Maariv – renderebbe più difficile per Biden intimidire il nascente governo ultrareligioso e ultranazionalista di Netanyahu, il più radicale che Israele abbia mai conosciuto”. Caspit evidenzia come nella Casa Bianca si viva con una certa preoccupazione il ruolo centrale che avrà l’estrema destra del Sionismo religioso nel prossimo governo Netanyahu. Un esempio è la richiesta di Bezalel Smotrich, uno dei suoi leader, di ottenere il ministero della Difesa. Un ruolo chiave nei rapporti con gli Usa, che potrebbero così complicarsi. Per questo, sostiene ancora Caspit citando fonti del Likud, il partito di Netanyahu starebbe valutando di mantenere il ministero all’interno delle proprie fila. “In ogni caso, il prossimo governo Netanyahu – il più radicale di sempre in Israele – rappresenterà la sfida più significativa all’importante e delicato asse Gerusalemme-Washington”, conclude il giornalista. Un asse che si muove seguendo anche altri binari di politica estera: da una possibile normalizzazione dei rapporti con l’Arabia Saudita alla gestione del pericolo Iran. Temi di cui Netanyahu ha annunciato di aver discusso nella famosa telefonata con Biden. “Gli ho detto che abbiamo la capacità di raggiungere altri accordi di pace e di affrontare l’aggressione iraniana”. A riguardo in queste ore il ministro della Difesa uscente Gantz ha affermato pubblicamente di aspettarsi da Netanyahu un atteggiamento “equilibrato” rispetto a potenziali attacchi contro l’Iran e le sue strutture nucleari. Non senza malizia, Gantz ha poi ricordato che quando era capo di Stato maggiore e Netanyahu Premier si decise per non procedere con una simile operazione contro Teheran. Secondo l’ex capo dell’esercito oggi come allora Israele ha le capacità per agire. “Dobbiamo prepararci a questa possibilità, e dovremo anche considerare la questione con molta attenzione prima di attuarla”.