Israele, la Legge del Ritorno
e le spinte per una modifica

I negoziati per decidere la composizione del prossimo governo d’Israele sono serrati. Il Primo ministro incaricato Benjamin Netanyahu sta ascoltando le richieste dei suoi alleati. L’estrema destra chiede per sé il ministero della Pubblica Sicurezza e quello della Difesa. Itamar Ben Gvir vorrebbe guidare il primo – come annunciato anche in campagna elettorale -, Bezalel Smotrich il secondo. O in alternativa, il ministero delle Finanze. Secondo i media il loro partito, Sionismo religioso (terza forza del parlamento), vuole portarsi a casa anche i ministeri dell’Istruzione e dei Servizi religiosi. Richieste che coincidono però in parte con quelle degli altri partner di coalizione, i partiti haredi Shas e Yahadut HaTorah. In particolare il primo, guidato da Aryeh Deri, chiede per sé il portafoglio delle Finanze. Nonostante il desiderio annunciato di Netanyahu di chiudere in fretta, sembra quindi che le trattative per il governo si prolungheranno ancora. Nel mentre su un punto Shas, YaHadut HaTorah e Sionismo religioso si dichiarano d’accordo: inserire nel patto di coalizione una modifica alla Legge del Ritorno del 1950. La norma stabilisce il diritto di ogni persona di religione ebraica nel mondo a immigrare in Israele e ottenere la cittadinanza israeliana. Tra coloro che possono farvi ricorso, chi ha almeno un nonno o un coniuge ebreo, o si è convertito all’ebraismo. I media raccontano che i tre partiti della maggioranza vorrebbero cancellare in particolare il primo punto, definito come la “clausola del nipote”. Una modifica – ritenuta dai più poco plausibile – che se dovesse andare in porto rappresenterebbe una cambiamento radicale. Non tanto nei numeri, ha sottolineato ad Haaretz Sergio Della Pergola, punto di riferimento internazionale in materia di demografia ebraica. “Ma dal punto di vista simbolico, sarebbe un cambiamento importante e una mossa molto stupida”, il commento del professore emerito dell’Università Ebraica di Gerusalemme. 
Nel 2022 nel mondo le persone che si identificano come ebrei sono circa 15,5 milioni, riferisce Della Pergola al quotidiano israeliano. Sarebbero invece 25,5 milioni le persone che, secondo le norme attuali, possono fare richiesta per l’aliyah. Tra queste, tre milioni possono usufruire della “clausola del nipote”, due delle quali vivono negli Usa. “In media, solo circa 3.000 americani emigrano in Israele ogni anno e la maggior parte di loro sono ebrei ortodossi. Ciò significa che, in pratica, un cambiamento nella definizione di idoneità non avrebbe un grande impatto sull’aliyah”, spiega Haaretz, sulla base dei dati di Della Pergola.
La cancellazione della “clausola del nipote”, aggiungono altri media, avrebbe soprattutto effetto sugli olim provenienti dai Paesi dell’ex Unione Sovietica. Un tale cambiamento – scrive ad esempio il Times of Israel – avrebbe drasticamente ridotto il numero delle richieste di emigrazione in Israele dall’Ucraina e dalla Russia, arrivate dopo l’invasione decisa da Mosca.