“In democrazia, è la maggioranza che decide”

Dagli scranni della Knesset, il Primo ministro incaricato Benjamin Netanyahu tiene a ribadire che “la democrazia è prima di tutto la possibilità di dire la propria opinione senza timori o restrizioni, e questo è garantito in quest’aula. La democrazia si basa sul confronto delle posizioni e delle controversie. Quando non si raggiunge un accordo, si decide in base alla volontà della maggioranza, ed è proprio questa la differenza tra la democrazia e gli altri sistemi”. Impegnato nei negoziati di coalizione, Netanyahu, nel suo primo intervento parlamentare di questa venticinquesima legislatura, sottolinea il ruolo della maggioranza. Lo fa replicando alle critiche dell’opposizione secondo cui le riforme annunciate dalla sua coalizione minerebbero la democrazia israeliana. In particolare il Premier e il ministro della Difesa uscenti Yair Lapid e Benny Gantz hanno duramente criticato la proposta di far passare la cosiddetta “clausola di superamento”. Una modifica che prevede che la Knesset possa confermare con maggioranza semplice (61 seggi su 120) una legge bocciata dalla Corte suprema israeliana. “Ai membri della futura coalizione dico: cosa succederà la prima volta che scavalcherete la Corte Suprema con una maggioranza di 61, e una minoranza o un’altra sentirà di non far parte dello Stato? – l’interrogativo di Gantz – Chiunque lo faccia, agisce in nome della corruzione”. Secondo Gantz così come per Lapid una riforma di questo tipo dividerebbe la nazione e danneggerebbe i diritti delle minoranze. “Non accetto i moralismi dei rappresentanti del governo uscente, – la replica di Netanyahu – che hanno calpestato ogni norma possibile e hanno calpestato la democrazia. Noi salvaguarderemo la democrazia israeliana e lo Stato di Israele”. Il Premier incaricato può contare su una maggioranza di 64 seggi, ma è alle prese con complicati colloqui per dare vita al suo prossimo governo. Nelle ultime ventiquattro ore è riuscito a sbloccare alcune situazioni in stallo, generando però malumori in altri esponenti del suo blocco.
Rispetto al primo punto: sembra si sia trovata una quadra tra il leader del Sionismo religioso Bezalel Smotrich e il capo di Shas Aryeh Deri. Il primo dovrebbe – in quello che i giornalisti hanno raccontato come un colpo di teatro – ottenere il ministro della Finanze. Al secondo andrà quello che l’emittente Kan ha definito una mega-tik, mega-incarico: il ministro dell’Interno e insieme dei Trasporti. Sempre a Shas dovrebbero poi andare altri portafogli importanti, tra cui Affari religiosi, Negev e Galilea e Sanità. Tra gli obiettivi del partito religioso, anche una modifica delle leggi vigenti in modo da permettere al leader Deri – condannato in passato per corruzione e arrivato di recente al patteggiamento per evasione fiscale – di ricoprire l’incarico ministeriale. Modifica su cui sembrano concordi tutti i partiti della coalizione. “Che tipo di governo vuole ora Deri? – si chiede Haaretz in un articolo firmato dal Anshel Pfeffer e dedicato al ruolo del leader di Shas – Da un lato, ha bisogno della coalizione con l’estrema destra per assicurarsi di diventare nuovamente ministro. Dall’altro, preferirebbe – come Netanyahu – avere una fazione centrista come il Partito di Unità Nazionale di Gantz per bilanciare o eventualmente sostituire il Sionismo Religioso. Vede Smotrich e il suo co-leader Itamar Ben-Gvir come pericolosi disturbatori che potrebbero presto causare più danni di quanti ne valgano”.
Proprio Ben Gvir, rileva Israel Hayom, vorrebbe per il suo partito il ministero del Negev e della Galilea. E non sarebbe quindi soddisfatto dell’accordo che coinvolge Deri, Smotrich e Netanyahu. Quest’ultimo, aggiunge ancora Israel Hayom, deve fare anche i conti con malumori interni al suo partito. Alcuni parlamentari non sarebbero contenti della ripartizione dei ministeri, con diversi incarichi distribuiti fuori dal Likud, ampiamente primo partito alla Knesset. “Il senso di risentimento nel Likud sta crescendo e le battaglie tra le sue file rimangono al loro apice”, scrive il giornalista Amir Ettinger, che disegna alcuni papabili nuovi ministri. Alla Difesa andrebbe Yoav Galant, con un passato da capo delle Comando meridionale dell’esercito. Yair Levin, già portavoce della Knesset e da tempo promotore di un’ampia modifica del sistema giurisdizionale, dovrebbe andare a guidare la Giustizia. Amir Ohana potrebbe diventare o il prossimo speaker della Knesset o ministro degli Affari Esteri. Tra le poche donne della coalizione (9 su 64), Miri Regev si sta avvicinando al portfolio dell’istruzione.