Italia-Israele, tra accordi
e appelli all’Europa

Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani è andato via da Gerusalemme con la firma di un accordo di cooperazione, ma anche con alcune richieste indirizzate dall’omologo israeliano Eli Cohen all’Europa. L’accordo apre a una ulteriore collaborazione diplomatica tra i due paesi, ma vi è anche un passaggio che tocca la quotidianità dei cittadini israeliani e italiani: il riconoscimento reciproco della validità delle rispettive patenti. “L’intesa – ha affermato Cohen – dovrebbe rendere le cose più facili per centinaia di israeliani, compresi molti studenti che vivono e studiano in Italia”. Rispetto alle richieste del capo della diplomazia di Gerusalemme, invece, una era legata alla minaccia iraniana. Ovvero il riconoscimento delle sue Guardie rivoluzionarie come organizzazione terroristica. L’altra riguardava rapporti con i palestinesi. “Ho chiesto al mio amico Tajani di agire per impedire l’intervento europeo nel conflitto israelo-palestinese, poiché tale attività spesso incoraggia l’incitamento e il terrorismo”, si legge nella nota diffusa dall’ufficio di Cohen. Secondo il Jerusalem Post il riferimento è “al sostegno dell’Unione europea, anche da parte italiana, allo sviluppo palestinese nell’Area C, una sezione della Cisgiordania che l’UE ritiene debba far parte dei confini di un futuro Stato palestinese”. Un intervento che arriva in concomitanza con l’annunciata volontà dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri Josep Borrell di rilanciare una proposta europea di negoziato tra israeliani e palestinesi.
Altra richiesta di Cohen, sempre attraverso Tajani: che l’Europa non intervenga “negli affari interni di Israele”. In questo caso il riferimento è alla discussa riforma della giustizia promossa dal governo guidato dal Premier Benjamin Netanyahu, scrivono i media locali. Riforma che sta procedendo senza interruzioni nel suo iter parlamentare, nonostante la richiesta del presidente d’Israele Herzog di fermare il piano e trovare un accordo con le opposizioni.
In particolare, la maggioranza in queste ore ha dato il via libera – nella prima delle tre votazioni necessarie per la convalida definitiva – all’introduzione della clausola di superamento. Quest’ultima permette alle leggi votate dal parlamento di essere immuni alla revisione della Corte suprema. Una volta inserita in uno specifico disegno di legge, la clausola sarebbe valida durante il mandato della Knesset che la approva, spiega l’emittente pubblica Kan, e per un anno fino alla Knesset successiva, che può decidere se estendere la sua protezione a tempo indeterminato. Nello stesso provvedimento – approvato con 61 sì e 52 no – c’è anche un altro elemento che limita la capacità d’intervento della Corte Suprema. In caso di leggi non coperte dalla citata clausola di superamento, i giudici potranno annullarla non con l’attuale maggioranza semplice, ma con quella qualificata di 12 su 15. Inoltre il controllo potrà essere applicato solo nei casi in cui le norme in esame contraddicano esplicitamente una Legge Fondamentale o presentino chiare violazioni procedurali.
La coalizione ha dichiarato di voler attuare tutte le sue riforme entro la pausa della Knesset per la Pesach, ovvero tra poco più di due settimane. Tra quelle già pronte per la seconda e terza lettura, la modifica della modalità con cui vengono nominati i giudici, con il comitato che se ne occupa che andrebbe sotto il controllo della maggioranza di governo.
Nel frattempo è passata anche un’altra modifica – sempre in prima lettura: quella che permetterebbe alla Corte Suprema di ordinare la rimozione di un Primo Ministro solo in caso di incapacità fisica o mentale di quest’ultimo. “Sponsorizzata dal presidente della fazione del Likud, il parlamentare Ofir Katz, la proposta di legge – sostiene il Times of Israel – è ampiamente vista come una reazione ai timori che l’Alta Corte di Giustizia possa costringere il presidente del partito e primo ministro Benjamin Netanyahu a dimettersi, a causa del potenziale conflitto di interessi creato dal fatto che egli supervisiona il piano della sua coalizione di rifare il sistema giudiziario mentre è lui stesso sotto processo per corruzione”.