Riforma della giustizia israeliana, il compromesso di Herzog
Un punto di partenza per trovare un ampio accordo ed evitare “una scissione interna”, che, nel peggiore dei casi, rischia di trasformarsi in un vero conflitto nel paese. Così il presidente d’Israele Isaac Herzog ha presentato il suo compromesso sulla riforma della giustizia. Un tentativo di portare il governo di Benjamin Netanyahu e le opposizioni a dialogare su una riforma che sta dividendo il paese. Herzog, in un discorso alla nazione, ha presentato la bozza di questo compromesso che però è già stata respinta da Netanyahu e dalla sua maggioranza, mentre ha trovato una reazione positiva da parte dei leader delle opposizioni. “Sto ovviamente ascoltando le reazioni da tutte le parti alla mia proposta, e accetto le critiche costruttive con amore e grande rispetto”, il commento del presidente. Il primo a esprimersi contro la formulazione di Herzog è stato Netanyahu, impegnato in queste ore in una visita a Berlino. “Le cose che il Presidente propone non sono state concordate dalla coalizione, e gli elementi centrali della proposta che ha offerto non fanno altro che perpetuare la situazione esistente e non portano il necessario equilibrio” tra i poteri, le parole del Premier. Ancora più duri alcuni suoi alleati. In una dichiarazione congiunta i leader dei partiti della coalizione hanno definito la proposta di Herzog “unilaterale, di parte e inaccettabile”. Nel mentre in queste ore in tutta Israele ci sono state altre manifestazioni di massa per contestare la riforma, definita un attacco alle fondamenta democratiche del paese.
Tornando al piano di Herzog, tocca i punti fondamentali della riforma. A differenza di quest’ultima, ad esempio, non attribuisce all’esecutivo il controllo del comitato che si occupa di selezionare i giudici della Corte suprema e dei tribunali minori. Il comitato sarebbe composto da undici membri, di cui quattro provenienti da governo e la sua coalizione; tre membri della magistratura (il presidente della Corte Suprema e altri due giudici); l’opposizione avrebbe due rappresentanti di due partiti diversi; il ministro della Giustizia nominerebbe due studiosi di diritto nel comitato, con l’accordo del presidente della Corte Suprema. Le nomine sarebbero confermate solo con una maggioranza di sette membri.
In tema di Leggi Fondamentali, il piano prevede di conferire ai provvedimenti uno status formale di norme costituzionali. In questo modo non sarebbero soggette a revisione giudiziaria. Approvarle sarebbe più complesso: quattro letture alla Knesset. Le prime tre potrebbero essere approvate da 61 parlamentari (maggioranza semplice), ma la quarta avrebbe bisogno dell’approvazione di 80 parlamentari. In alternativa, la quarta lettura potrebbe avvenire nella Knesset successiva, cioè dopo nuove elezioni, e in quel caso sarebbero sufficienti 70 voti per approvarla.
Altro punto, la nuova formulazione impedirebbe ai giudici della Corte Suprema di utilizzare il requisito della ragionevolezza per annullare le risoluzioni e le decisioni politiche del governo e la nomina dei ministri.