“Licenziare Galant un errore tragico”
La decisione del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di licenziare il ministro della Difesa Yoav Galant ha creato un terremoto politico in Israele. Centinaia di migliaia di persone sono scese per le strade per manifestare in tutto il Paese durante la notte contro questa decisione e contro la riforma della giustizia promossa dal governo Netanyahu. Proprio l’aver chiesto pubblicamente di sospenderla è costato a Galant l’incarico. Da qui l’inizio della nuova ondata di proteste. “Migliaia di persone si sono recate in strada spontaneamente per protestare”, racconta da Gerusalemme Sergio Della Pergola, demografo di fama internazionale. Manifestazioni che sono proseguite con l’inizio del nuovo giorno con l’aggiunta di uno sciopero generale dei lavoratori. “I voli dall’aeroporto Ben Gurion sono stati sospesi, centri commerciali e banche hanno chiuso, gli ospedali operano i modalità d’emergenza. Uno sciopero di queste dimensioni non si era mai visto in Israele”, evidenzia Della Pergola, professore emerito dell’Università Ebraica di Gerusalemme e autorevole rappresentante degli Italkim (italiani d’Israele).
Al cuore dello scontro, la citata riforma della Giustizia, i cui ideatori sono il ministro della Giustizia Yariv Levin e il presidente della Commissione legale Simcha Rothman. L’obiettivo delle modifiche è garantire al potere esecutivo il controllo su quello giudiziario. Per farlo, la riforma cambia la composizione del Comitato che seleziona i giudici della Corte suprema e dei tribunali minori, attribuendo al governo e alla sua coalizione la maggioranza e quindi piena influenza sui nominati. In più, introduce una clausola di superamento che permette a una legge del parlamento di superare anche un’eventuale bocciatura della Corte suprema. “In pratica si vuole svuotare la Corte della sua autonomia e asservirla alla maggioranza”, l’opinione del demografo. Il cosiddetto sistema del check and balance (controlli e contrappesi), aggiunge, verrebbe in questo minato, danneggiando la democrazia israeliana. Valutazione condivisa dalle decine di migliaia di israeliani scesi in piazza in queste ore e in queste settimane per chiedere di fermare la riforma. Anche tra i membri dell’establishment militare è arrivata una richiesta simile, ripresa dal ministro della Difesa Galant e fatta propria con l’annuncio pubblico costatogli il posto. “Galant è stato generale e comandante del Fronte Sud. È stato precedentemente il capo della molto elogiata Shayetet 13, commando scelto della marina militare. Il suo passato è estremamente rispettato negli ambienti militare”. Rimuoverlo, afferma Della Pergola, è stato “un errore spettacolare e tragico da parte di Netanyahu. La dimostrazione di quanto ormai sia distante dal paese. Non ha capito che fra i militari, sia pure con differenze politiche esiste comunque una solidarietà di corpo, un rispetto professionale. Quindi il licenziamento in tronco di Galant ha chiaramente causato la sommossa non solo tra le truppe e i volontari, ma anche fra gli ufficiali”. Gli stessi vertici dell’esercito così come delle intelligence, rileva poi il demografo, hanno avvertito il governo della necessità di mettere in pausa la riforma e cercare un compromesso.
Ora la direzione appare essere questa, ma gli scenari non sono chiari. “Alcuni membri del governo, tra cui Ben Gvir, che non ha fatto un minuto di servizio militare perché ritenuto inadatto, ma accusa i militari che manifestano di essere antipatriottici, potrebbero decidere di abbandonare la maggioranza. Anche se i segnali non sembrano andare in questa direzione”. In attesa infatti delle dichiarazioni di Netanyahu, la giornata è stata un’alternarsi di dichiarazioni ufficiali e ufficiose arrivate dalla coalizione che sembrano presagire una tenuta della coalizione, anche in caso di pausa sulla riforma. “In ogni caso l’errore è quello di Netanyahu. In una situazione così incandescente il Primo ministro deve avere il ruolo di mediatore, di far arrivare a un compromesso. Ma per tornaconto personale, alla luce dei processi a suo carico, Netanyahu non ha voluto giocare questo ruolo”. Per Della Pergola, il leader del Likud dovrebbe farsi da parte. “Ma non è uno scenario plausibile. La maggioranza al momento, stando ai sondaggi, ha perso molto consenso. E su questo punto voglio ribadire un concetto: si continua a dire che la coalizione rappresenta la maggioranza d’Israele. Ma la sua vittoria, e lo ripeto per l’ennesima volta, non è stata in termini di voti perché ha ricevuto il 49 per cento dei consensi, ma in termini di seggi. Quindi chi ha vinto le elezioni dovrebbe ricordarsi come lo ha fatto. Non c’è stato nessun trionfo elettorale, ma un successo dovuto al suicidio politico della sinistra e dai bisticci interni agli arabi che hanno perso così quattro seggi. Quelli guadagnati dall’attuale coalizione”.