Riforma della Giustizia, maggioranza al lavoro
Entro fine luglio, quando la Knesset concluderà la propria sessione estiva dei lavori, almeno una parte della riforma della giustizia dovrebbe essere approvata. A prometterlo ad alcuni suoi alleati, il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Secondo infatti diverse ricostruzioni giornalistiche, Netanyahu avrebbe deciso di “andare fino in fondo” e far approvare un punto della contestata riforma: l’abolizione parziale della clausola di ragionevolezza. Un istituto introdotto negli anni Cinquanta e utilizzato in particolare dalla Corte suprema israeliana per dichiarare illegittimi – perché estremamente irragionevoli – atti amministrativi del governo. Non è uno dei passaggi più sotto osservazione della revisione ideata da Yariv Levin e da Simcha Rothman, rispettivamente ministro della Giustizia e presidente della Commissione per la Costituzione, il Diritto e la Giustizia della Knesset. Ma questa modifica rimane un tema delicato e di scontro. La proposta è di togliere ai tribunali, e in particolare alla Corte suprema, il potere di sindacare le decisioni prese dal Primo ministro, dal suo gabinetto, dai ministri o da altri funzionari eletti solo sulla base della ragionevolezza di questi provvedimenti. Per i promotori della revisione, una modifica necessaria per limitare quello considerano un potere troppo ampio della Corte su decisioni che considerano di competenza del governo e dei parlamentari. L’esempio più recente è la nomina a ministro della Sanità e dell’Interno del leader di Shas Aryeh Deri decisa dal Premier Netanyahu. La Corte è intervenuta e ha ordinato al Primo ministro di revocare la nomina perché era “estremamente irragionevole” affidare a Deri quegli incarichi dopo i suoi recenti reati fiscali e alla sua passata condanna per corruzione, nonché dopo che il leader di Shas aveva dichiarato ai giudici di impegnarsi a lasciare la Knesset come parte di un patteggiamento.
Secondo Amir Fuchs, ricercatore senior dell’Israel Democracy Institute, si può “discutere, esaminare e criticare alcune delle decisioni della Corte, ma eliminare del tutto il criterio (dell’irragionevolezza) è un grosso errore e in alcuni casi lascerebbe i cittadini in una posizione in cui non hanno il potere di proteggersi da una decisione problematica presa dal ramo esecutivo”. Per l’esperto, intervistato da Haaretz, il criterio di ragionevolezza si riferisce a un equilibrio tra interessi politici e pubblici nel processo decisionale in materia amministrativa. Una decisione “irragionevole” è quindi quella che “si concentra in modo sproporzionato sugli interessi politici senza una sufficiente considerazione della fiducia pubblica e della sua protezione”. Per questo l’istituto sarebbe da mantenere perché una forma di tutela per la collettività.
Il dibattito sul tema è arrivato nella Commissione guidata da Rothman, con forti critiche da parte delle opposizioni. Ma il Premier Netanyahu, a differenza di altre parti della riforma sospese e al centro di una teorica trattativa, sembra intenzionato ad approvarla. Anche per dare un segnale alla coalizione, evidenzia il sito Walla. Il Primo ministro ha infatti l’esigenza, almeno secondo gli opinionisti, di ricompattare la sua maggioranza che in questi giorni ha trovato un nuovo terreno di scontro interno: le violenze di alcuni estremisti ebrei israeliani in Cisgiordania contro villaggi palestinesi. Una violenza fermamente condannata dai vertici della sicurezza d’Israele, che ha definito questi atti come terrorismo, venendo criticata per questo da esponenti della coalizione. In particolare dalle voci dell’estrema destra: il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich e il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir. Il secondo aveva anche invitato a creare nuovi insediamenti illegali, mossa condannata da Netanyahu. Alle esternazioni di Ben Gvir e Smotrich, si è poi aggiunta in queste ore la ministra Orit Strock. Quest’ultima è arrivata ad accusare i capi dell’esercito, della polizia e del servizio di sicurezza Shin Bet al gruppo paramilitare russo Wagner. I suoi commenti sono stati successivamente criticati dal Primo ministro, che ha affermato che “non c’è posto per scagliarsi contro le persone che guidano la nostra lotta contro il terrorismo”. Ma queste esternazioni, rappresentano un problema per Netanyahu anche per la tenuta della sua coalizione. E per la sua popolarità. Secondo gli ultimi sondaggi infatti se si andasse oggi a votare Netanyahu non avrebbe i numeri per governare: otterrebbe solo 52 seggi rispetto agli attuali 64, mentre l’opposizione ne otterrebbe 64 invece dei 51 attuali.