Tel Aviv, il terrorismo torna a colpire

Mentre l’attenzione era rivolta alla maxioperazione antiterrorismo in corso a Jenin, nel nord della Cisgiordania, un nuovo attentato ha scosso Israele. Nel nord di Tel Aviv, in Pinchas Rosen Street, un terrorista palestinese ha lanciato la propria auto contro alcuni passanti, deviando su una pista ciclabile e poi sul marciapiede. L’attentatore è poi uscito dal veicolo armato di coltello e ha attaccato altre persone prima di essere eliminato da un civile armato. Sette le persone che il terrorista ha ferito nel suo attacco. Quattro sono state ricoverate in condizioni gravi nei vicini ospedali Ichilov e Beilinson.
Secondo i media israeliani l’attentatore era un ventitreenne proveniente dalla città di as-Samu, pochi chilometri a sud di Hebron. Il capo della polizia, Kobi Shabtai, dopo un sopralluogo nell’area dell’attentato, ha spiegato che “tutti coloro che erano collegati al terrorista sono stati arrestati”. Shabtai ha poi invitato “il pubblico e i cittadini a rimanere vigili” in queste ore mentre da Gaza, il gruppo terroristico di Hamas ha applaudito per l’attacco a Tel Aviv. Un’azione contro i civili che rappresenta, per Hamas, “un’eroica vendetta per l’operazione militare a Jenin”. Qui, nel nord della Cisgiordania, la missione delle forze di sicurezza israeliane prosegue per il secondo giorno consecutivo. L’esercito non ha posto un termine temporale all’azione diretta a smantellare buona parte dei centri del terrore presenti del campo profughi. Da Jenin sono partiti, negli ultimi sei mesi, almeno cinquanta degli ultimi attacchi armati contro Israele.
Nel corso dell’operazione – la più ampia nell’area da vent’anni a questa parte – l’esercito (Tsahal) ha sequestrato armi, esplosivi e altro materiale bellico in diverse località del campo profughi. Tra i posti in cui erano nascosti, anche nel piano inferiore di una moschea. “Un nascondiglio fortificato, completo di un tunnel sotterraneo e di un deposito di armi”, la descrizione dei militari dopo l’ingresso nella moschea. Per riuscire a perquisirla, la strada è stata aperta dai droni, usati contro alcuni miliziani armati che volevano fermare l’irruzione.
In generale però, sottolineano diversi analisti, gli scontri a fuoco sono stati molto ridotti da quando è iniziata l’operazione. Segno che i terroristi hanno scelto per lo più di nascondersi mentre l’esercito sta cercando di evitare che la missione si trasformi in una battaglia su larga scala. “Finora abbiamo arrestato circa 120 ricercati – ha dichiarato il portavoce dell’esercito Daniel Hagari -. Abbiamo permesso a tutte le donne e ai bambini di lasciare il campo di loro iniziativa. Finora nessuna persona non coinvolta è stata uccisa e coloro che sono rimasti feriti hanno potuto ricevere assistenza”. Nella notte la Mezzaluna rossa ha detto di aver evacuato circa 3.000 residenti del campo profughi.
Tra le immagini che sono circolate in queste ore da Jenin, la distruzione da parte delle ruspe dell’esercito di parte delle strade del campo. L’obiettivo di questa azione era diretta a eliminare il rischio della presenza di ordigni sotto l’asfalto. Secondo il corrispondente militare di ynet Yoav Zitun “le forze di sicurezza inizieranno nelle prossime ore i primi lavori di riparazione dei danni”. Riparazioni “che saranno effettuati dall’autorità nazionale palestinese” e coinvolgeranno i cavi elettrici e le tubature dell’acqua. Zitun ha poi aggiunto di aver parlato con un alto funzionario dell’esercito della situazione a Jenin. “Stiamo lavorando per rafforzare l’Autorità palestinese” le parole del funzionario al giornalista.

(Foto del Maghen David Adom)