Israele e la riforma della Giustizia,
la Knesset si prepara al voto

Sarà una settimana chiave per il destino di una parte della riforma della giustizia promossa dal governo del Premier Benjamin Netanyahu. Nelle prossime quarantott’ore infatti sarà portata al voto del parlamento israeliano – il primo dei tre complessivi necessari per l’approvazione – la proposta di legge diretta ad abolire parzialmente la clausola di ragionevolezza. Una modifica che porterebbe a limitare i poteri della Corte suprema israeliana rispetto all’intervento sulle decisioni del governo, dei ministri e dei funzionari eletti. Secondo la maggioranza il cambiamento è necessario per riequilibrare la divisione dei poteri tra esecutivo, legislativo e giudiziario e per contrastare quello che dalla coalizione viene definito come un eccessivo attivismo della Corte. Per le opposizioni invece si tratta di un pericoloso passo verso la limitazione dell’indipendenza dei giudici e un danno per l’intera collettività. In particolare – posizione condivisa dal procuratore generale d’Israele – perché la clausola di ragionevolezza rappresenta una garanzia di protezione degli individui contro possibili decisioni governative arbitrarie.
Il voto si appresta dunque ad essere un nuovo motivo di scontro con ripercussioni in tutto il paese. Una Israele già divisa e in cui continuano le larghe manifestazioni contro la riforma della Giustizia. Per la ventisettesima settimana consecutiva infatti a Tel Aviv e in altre città del paese decine di migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro le modifiche. Manifestazioni oggetto di una riunione di gabinetto in queste ore rispetto alla loro gestione da parte della polizia. Netanyahu, davanti ai suoi ministri, ha sottolineato che non saranno prese misure per limitare le proteste antigovernative. Allo stesso tempo il Premier criticato le forze dell’ordine e la procura per quella che ha valutato come una disparità di trattamento dei manifestanti con diverse opinioni politiche. A parlare nel corso del gabinetto è stata chiamata anche la procuratrice generale – che ha anche consigliere del governo – Gali Baharav-Miara. Secondo quest’ultima la priorità è tutelare i diritti dei manifestanti, anche a costo di un certo disturbo dell’ordine pubblico. Più volte criticata da ministri ed esponenti della maggioranza, Baharav-Miara aveva contestato l’opportunità stessa della riunione odierna. “Soprattutto in tempi di proteste contro le politiche del governo e dei suoi ministri, – le parole della procuratrice – il governo deve essere particolarmente attento ad evitare azioni che potrebbero essere interpretate come un tentativo di influenzare illegittimamente le considerazioni professionali delle forze dell’ordine”. Nel corso della riunione il commissario Yaakov Shabtai ha voluto sottolineare come in queste settimane le proteste siano sempre state pacifiche. “In questa manifestazioni il danno per gli agenti di polizia è stato relativamente pari a zero”, ha spiegato Shabtai.