Pace, democrazia, lotta al terrorismo, il Congresso in piedi per Herzog

Trenta standing ovation per un discorso di trentacinque minuti in cui Isaac Herzog ha toccato i punti salienti della relazione tra Israele e Stati Uniti. In cui si è parlato di valori condivisi e dell’importanza di un sano dibattito democratico. In cui si è richiamato l’impegno per la pace regionale, ma anche per il contrasto del terrorismo e della violenza nelle sue diverse forme, palestinesi e iraniane. Davanti al Congresso Usa a camere riunite, il Presidente d’Israele ha avuto l’onore di celebrare i 75 anni dalla nascita dello Stato ebraico. Prima di lui il solo presidente israeliano a intervenire da quegli scranni era stato Chaim Herzog, padre di Isaac. “Essere qui oggi, a rappresentare lo Stato ebraico e democratico di Israele nel suo 75° anno di vita, sullo stesso podio da cui parlò il mio defunto padre, il Presidente Chaim Herzog, è l’onore di una vita”, ha esordito Herzog, ringraziando tra gli altri il presidente Joe Biden, la vice Kamala Harris, lo speaker del Congresso Kevin McCarthy e il suo predecessore nell’incarico, Nancy Pelosi, da cui era partito l’invito un anno fa.
Nonostante le sempre più profonde divisioni politiche tra democratici e repubblicani, il discorso di Herzog è riuscito ad ottenere il plauso di entrambe le parti. C’è stato chi ha scelto di polemizzare e non partecipare all’intervento, adducendo come motivazione la questione palestinese. A rimanere fuori dall’aula, solo cinque democratici su un totale di 535 membri del Congresso (435 alla Camera e 100 al Senato).
“Oggi il calendario ebraico indica il 1° giorno del mese di Av. Nella tradizione ebraica questo è un periodo cupo in cui piangiamo la perdita della nostra sovranità. Le comunità ebraiche di tutto il mondo lamentano l’inizio del nostro esilio nazionale, dove nel corso di due millenni abbiamo continuamente espresso un legame spirituale con la nostra Terra Santa ancestrale e il desiderio di tornare a casa e riconquistare la nostra indipendenza. – ha ricordato il Presidente Herzog in apertura del suo discorso – Eppure oggi, in questo momento della storia del mio popolo, riunito a Capitol Hill per celebrare i 75 anni di indipendenza israeliana con il nostro più grande partner e amico, gli Stati Uniti d’America, la mia anima trabocca di orgoglio e gioia. Il popolo di Israele è infinitamente grato per l’antica promessa mantenuta e per l’amicizia che abbiamo stretto”. Tra i passaggi ricordati di questa prolungata amicizia, l’incontro nel 1949 tra rav Yitzhak Isaac Halevi Herzog e l’allora presidente Harry Truman, il primo a riconoscere Israele undici minuti dopo la sua nascita.
Un paese con radici lontane che sin “dalla sua nascita ha affrontato guerre, terrore e delegittimazione senza sosta. Un Paese che lotta per difendersi da nemici e nemici, ma i cui cittadini continuano a salutarsi con la parola ‘pace’, Shalom. Un Paese che è orgoglioso della sua vibrante democrazia, della tutela delle minoranze, dei diritti umani e delle libertà civili, come stabilito dal suo Parlamento, la Knesset, e salvaguardato dalla sua forte Corte Suprema e da un sistema giudiziario indipendente”.
Parlando di sicurezza, Herzog ha affermato che “la sfida più grande che Israele e gli Stati Uniti devono affrontare in questo momento è il programma nucleare iraniano”. L’impegno comune, la sua posizione come dei vertici politici e militari israeliani, è che al regime di Teheran non si può permettere in nessuno modo di diventare uno Stato a soglia nucleare. Sarebbe un rischio per la stabilità del Medio Oriente e non solo. “Ogni Paese o regione controllata o infiltrata dall’Iran ha conosciuto il caos più totale. Lo abbiamo visto in Yemen, a Gaza, in Siria, in Libano e in Iraq. In realtà, lo abbiamo visto nello stesso Iran, dove il regime ha perso il suo popolo e lo sta reprimendo brutalmente. – il richiamo, applaudito dal Congresso – L’Iran ha diffuso odio, terrore e sofferenza in tutto il Medio Oriente e oltre, aggiungendo benzina al fuoco disastroso e alle sofferenze in Ucraina.
L’Iran è l’unica nazione del pianeta che pubblicamente chiede, trama e sviluppa mezzi per annientare un’altra nazione, un membro della famiglia delle nazioni, lo Stato di Israele”. Per questo deve essere fermata.
Molti applausi anche per il passaggio sull’importanza di stabilire la pace con i vicini palestinesi e con l’Arabia Saudita, senza fare sconti al terrore. “Nel corso degli anni, Israele ha compiuto passi coraggiosi verso la pace e ha avanzato proposte di ampio respiro ai nostri vicini palestinesi. Nonostante le profonde differenze politiche e le numerose sfide che circondano le relazioni israelo-palestinesi – e non le ignoro – dovrebbe essere chiaro che non si può parlare di pace condonando o legittimando il terrore, implicitamente o esplicitamente. La vera pace non può essere ancorata alla violenza”. A riguardo, si è parlato anche della questione dei prigionieri e dei soldati caduti ancora nelle mani di Hamas. “Due ufficiali israeliani, Oron Shaul e Hadar Goldin, e due civili, Hisham al-sayed e Avera Mengistu, sono tenuti in ostaggio da Hamas da anni, al solo scopo di torturare le famiglie che hanno lasciato. Il tenente Hadar Goldin è stato rapito in violazione di un cessate il fuoco umanitario sponsorizzato dalle Nazioni Unite e negoziato dagli Stati Uniti. La sua famiglia lotta da nove anni per riportarlo a casa. Ho chiesto alla madre di Hadar Goldin, Leah, di essere qui con noi oggi. Preghiamo per il ritorno di suo figlio e degli altri tre israeliani”.
Herzog ha voluto anche fare riferimento alle divisioni interne a Israele, generate dalla proposta di riforma della Giustizia promossa dal governo Netanyahu. “L’intenso dibattito in corso in patria, proprio mentre parliamo, è il più chiaro tributo alla forza della democrazia israeliana. La democrazia israeliana si è sempre basata su elezioni libere ed eque, sul rispetto della scelta popolare, sulla salvaguardia dei diritti delle minoranze, sulla protezione delle libertà umane e civili e su un sistema giudiziario forte e indipendente. La nostra democrazia è anche centoventi membri della Knesset, composti da ebrei, musulmani, cristiani o drusi, che rappresentano ogni opinione sotto il sole di Israele, lavorando e discutendo fianco a fianco”. Il presidente poi ha ricordato come la democrazia israeliana sia fatta anche dal suono dei muezzin il venerdì e dalla sirena che annuncia lo shabbat, “mentre a Tel Aviv si svolge una delle più grandi e impressionanti parate dell’orgolio LGBTQ del mondo. La nostra democrazia si riflette anche nei manifestanti che scendono in piazza in tutto il Paese, per alzare con forza la voce e dimostrare con fervore il proprio punto di vista. La nostra democrazia è la bandiera israeliana bianca e blu sventolata e amata da tutti gli israeliani che partecipano al dibattito”.
Ribandendo poi il rapporto di unità che lega Israele agli Stati Uniti, il presidente Herzog ha concluso ringraziando “i membri di entrambe le Camere, per aver celebrato l’indipendenza di Israele. Am Yisrael Chai (Il popolo di Israele vive). Dio benedica lo Stato di Israele Dio benedica gli Stati Uniti d’America!”.
(Foto portavoce della Presidenza d’Israele)