Israele e la riforma della Giustizia,
un voto decisivo alla Knesset

“Un colpo alla democrazia”. È una frase che in queste ore in Israele viene usata da due schieramenti opposti per descrivere l’approvazione di un pezzo importante della riforma della giustizia voluta dal governo Netanyahu. Per i favorevoli sottrarre alla Corte Suprema la supervisione sui gli atti amministrativi del governo e delle autorità locali – sulla base della cosiddetta clausola di ragionevolezza – rappresenta un passaggio necessario per tutelare il volere della maggioranza. Non farlo, sarebbe “un colpo alla democrazia”, come ha dichiarato il ministro della Cultura Miki Zohar. Per i contrari, dare la possibilità alla Corte di valutare la ragionevolezza o meno di un atto governativo rappresenta un limite necessario ai poteri dell’esecutivo. Un elemento essenziale per tutelare gli interessi del pubblico e della minoranza. Eliminare questo criterio rappresenterebbe quindi “un colpo alla democrazia”, come ha sostenuto il leader dell’opposizione Yair Lapid.
Una sintesi tra i due opposti è quindi molto complicata da trovare. E infatti al momento ogni tentativo di arrivare a un compromesso è fallito. Nel mentre migliaia di persone continuano a protestare a Gerusalemme chiedendo di bloccare tutto. Alcuni manifestanti hanno tentato di bloccare l’ingresso della Knesset, mentre la polizia ha usato cannoni ad acqua e misure antisommossa per disperderli.
Dentro il parlamento, la coalizione è andata avanti, votando in seconda lettura la modifica, tra i “fermatevi” urlati dalle opposizioni. Serviva poi un terzo via libera per l’approvazione definitiva. Un iter che dava ancora speranze al presidente d’Israele Isaac Herzog per lavorare a un compromesso impossibile. Da mesi era il suo obiettivo, ma nonostante gli sforzi un accordo non si è trovato. “Le basi per un’intesa ci sono, ma rimangono delle lacune”, ha dichiarato Herzog mentre la Knesset si apprestava al secondo voto sulla modifica. Poi ancora un appello ai parlamentari a mostrare coraggio e tendersi reciprocamente la mano. “È un’emergenza nazionale. – Il suo monito – È tempo di responsabilità”. Poi è arrivato il terzo e definitivo voto tra festeggiamenti della maggioranza e proteste delle opposizioni.
Ora si attendono le mosse del Premier Benjamin Netanyahu. Si è presentato in parlamento poche ore dopo essere stato dimesso dall’ospedale dove si è sottoposto a un intervento chirurgico per l’impianto di un pacemaker. I medici gli avevano consigliato riposo per almeno 48 ore, ma il Premier ha voluto presenziare al voto di un provvedimento fortemente voluto da alcuni suoi alleati. Tra cui il ministro della Giustizia Yariv Levin, ideatore della riforma giudiziaria assieme al presidente della Commissione per la Costituzione, il Diritto e la Giustizia della Knesset, Simcha Rothman. Quest’ultimo, intervenendo prima del voto, ha attaccato le opposizioni. “State parlando della fine della democrazia, state diffondendo questa fake news!”, le sue parole. Rothman ha più volte bocciato le proposte di mediazione. Toccherà a Netanyahu fare una scelta a riguardo, anche se diversi analisti, sia a destra sia a sinistra, descrivono il Premier come meno in controllo della situazione rispetto al passato. A fare appello a lui, ancora una volta, il Presidente Usa Joe Biden che ha più volte invitato il Primo ministro e il suo governo a portare avanti una riforma condivisa.
“Dal punto di vista degli amici di Israele negli Stati Uniti, sembra che l’attuale proposta di riforma giudiziaria stia diventando più divisiva, non meno”, ha dichiarato Biden al sito di notizie Axios.
“Data la gamma di minacce e sfide che Israele deve affrontare in questo momento, non ha senso che i leader israeliani affrettino i tempi: l’obiettivo dovrebbe essere quello di riunire le persone e trovare un consenso”, la valutazione di Biden.