Veniva da Kharkiv il giovane militare
falciato da un terrorista palestinese

Nel 2017, a soli quindici anni, Maksym Molchanov aveva scelto di fare l’aliyah e lasciare la sua casa a Kharkiv, città ucraina tristemente nota oggi per la distruzione portata dai russi. Maksym si era trasferito da solo in Israele, sostenuto dalla famiglia e dall’Agenzia ebraica. Si era integrato nella società israeliana grazie al progetto del villaggio per giovani Hadassah Neurim, vicino a Netanya. Insieme a diversi altri ragazzi tra 12 e i 18 anni con alle spalle situazioni personali complesse, Molchanov aveva ricevuto un’educazione scolastica e delle prospettive. “Era un ragazzo d’oro, sempre con il sorriso. Sono stata la sua insegnante per tre anni e non ho mai sentito un ‘no’ da lui”, il racconto di Anat Sa’ar, sua educatrice al villaggio Hadassah Neurim. Diventato un soldato della 282esima Brigata dell’Arma di Artiglieria, il caporale Maksym, 20 anni, lo scorso 31 agosto si trovava presso il checkpoint di Maccabim. Era sul ciglio della strada insieme ad altri commilitoni quando un terrorista palestinese lo ha investito con un camion. Ferito in modo grave, è stato portato d’urgenza in ospedale, ma è morto poco dopo. Il suo nome si aggiunge così ad altre trentaquattro vittime uccise dal terrorismo palestinese dall’inizio del 2023.
In Ucraina la sua famiglia non sapeva nulla della tragedia. L’esercito ha quindi affidato a rav Moshe Moskowitz e alla moglie Miriam, emissari Chabad a Kharkiv, il compito di rintracciare i parenti e informarli. “Ho portato con me un altro membro della sinagoga e alcune medicine. Durante il tragitto ci sono stati forniti ulteriori dettagli e indicazioni”, la testimonianza di Miriam Moskowitz a Yedioth Ahronoth. “È difficile descrivere quello che è successo dopo che abbiamo dato la tragica notizia dell’attentato terroristico. Sono stati momenti difficili, di lacrime e di shock”.
Raggiunto dai media israeliani, il padre Yevgeny Molchanov ha voluto ricordare il coraggio del figlio. “Maksym ha sempre avuto a cuore la verità. È sempre stato il primo ad aiutare gli altri. Un anno fa ha donato il midollo osseo a un bambino in Germania. Era molto orgoglioso non solo di essere nell’esercito, ma di far parte di una unità di combattimento. Era molto speciale, un’anima gentile, sempre disponibile con tutti”.
A porgere le condoglianze alla famiglia è stato tra gli altri il presidente dell’Agenzia ebraica, Doron Almog. “La storia di Max – le sue parole – è la storia straordinaria di giovani uomini e donne coraggiosi, pieni di senso della missione e di amore per l’unico Stato ebraico al mondo”.