GUERRA – Donna rapita muore
nelle mani di Hamas

Le famiglie di Alina Falhati e Shani Louk speravano di riabbracciare le due giovani ragazze disperse dal 7 ottobre scorso. Entrambe erano al festival musicale di Re’im, dove almeno 260 giovani sono stati assassinati dai terroristi di Hamas. Di Alina da allora si erano perse le tracce. Di Shani si sapeva fosse tra gli oltre duecento ostaggi detenuti da Hamas nella Striscia di Gaza. Un video la mostrava seminuda e apparentemente priva di sensi mentre veniva portata sul retro di un pick-up per le strade di Gaza tra gli insulti della folla.
Dopo tre settimane di attesa, alle famiglie di Shani e Alina è stata data nella notte la più tragica delle notizie: entrambe le giovani sono state uccise dai terroristi di Hamas. Alina è stata riconosciuta tra i corpi nei pressi del festival di Re’im. I terroristi, dopo averla assassinata, avevano bruciato il suo corpo.
La salma di Shani è ancora nella Striscia, ma le autorità israeliane hanno accertato la sua morte. “Da una parte è un dolore immenso. Non c’è più possibilità che ritorni. Dall’altra, almeno sappiamo cosa le è successo. Non ha sofferto, sembra sia morta quasi subito e non ha visto gli orrori laggiù” a Gaza, ha raccontato la madre, Ricarda Louk, all’emittente israeliana Kan. Secondo il ministero degli Esteri di Gerusalemme la ragazza, con cittadinanza israeliana e tedesca, sarebbe stata torturata.
I nomi di Shani e Alina entrano nella lunga lista di vittime – oltre 1.400 – dell’attacco compiuto da Hamas e Jihad islamica il 7 ottobre scorso. Da quel giorno nelle mani dei terroristi ci sono ancora almeno 239 persone, imprigionate a Gaza. Tre di loro sono protagoniste di un video di propaganda diffuso oggi da Hamas.
Sono tre donne a cui i terroristi hanno dettato alcune dichiarazioni, sottolineano i media israeliani che preferiscono non diffondere la registrazione. Nel video una delle rapite si rivolge al primo ministro Benjamin Netanyahu, invitandolo a garantire il rilascio degli ostaggi e accusandolo di non aver impedito l’assalto del 7 ottobre. A queste immagini, l’ufficio di Netanyahu ha replicato denunciando “la crudele propaganda psicologica di Hamas”. “Mi rivolgo a Daniel Aloni, Rimon Kirsht e Yelena Trupanob, rapite dai criminali di guerra di Hamas: vi abbraccio. I nostri cuori sono con voi e con gli altri rapiti”, si legge nella dichiarazione del premier. “Stiamo facendo di tutto per riportare a casa tutte le persone rapite e scomparse”. Sul come, Netanyahu non si è espresso.
Per Shaul Mofaz, già capo di Stato maggiore e ministro della Difesa, la soluzione è una: liberare tutti i prigionieri di Hamas detenuti nelle carceri israeliane. Intervistato dal Canale 12, Mofaz afferma che se fosse al posto del premier asseconderebbe la richiesta dei terroristi in cambio di tutti gli ostaggi. “Lasciamo che prendano tutti i 6.000 detenuti e restituiscano tutti i nostri rapiti”, ha affermato Mofaz. Allo stesso tempo l’ex generale ha dichiarato di essere contrario all’apertura del corridoio umanitario a Rafah. “Non dobbiamo essere più crudeli di Hamas”, ha spiegato osservando però che Israele non può aprire un corridoi umanitari „finché non si hanno notizie degli ostaggi, neonati, bambini, donne, anziani. Prima deve esserci una visita della Croce Rossa: vediamo i loro volti, conosciamo i loro nomi e informiamoci sulla loro condizione”, ha concluso Mofaz. Al momento alla Croce Rossa internazionale è stato impedito l’ingresso e ogni possibilità di verificare le condizioni dei civili rapiti da Hamas.

(Nell’immagine, a sinistra Shani Louk, a destra Alina Falhati)