ISRAELE – Pressioni Usa e alleati su Gerusalemme Ma Bibi vuole cacciare Hamas da Gaza
L’esercito israeliano si sta preparando a una larga operazione a Rafah, nel sud della Striscia, al confine con l’Egitto. La maggior parte dei battaglioni di Hamas ancora attivi si trova qui. E da qui il gruppo terroristico, attraverso una fitta rete sotterranea, fa passare armi, persone e materiali tra Egitto e la Striscia. Un traffico che Israele vuole bloccare. Per il premier Benjamin Netanyahu “è impossibile raggiungere l’obiettivo bellico di eliminare Hamas, lasciando quattro battaglioni a Rafah”. Ma l’intervento nell’area è complicato dalla presenza di centinaia di migliaia di civili palestinesi, confluiti a sud nel corso della guerra. “Un’operazione militare a Rafah non dovrebbe procedere senza un piano credibile per garantire la sicurezza di oltre un milione di persone che vi trovano rifugio”, ha dichiarato il presidente Usa Joe Biden. Secondo il Wall Street Journal l’operazione nel sud di Gaza “ha esacerbato le tensioni tra il governo Netanyahu e l’amministrazione Biden, sempre più frustrata nei suoi tentativi di contenere la campagna militare di Israele”. Fonti del quotidiano spiegano che Washington “non sosterrà in nessun caso un piano per un’invasione su larga scala di Rafah e preferirebbero vedere operazioni mirate”. Anche il Washington Post parla di frustrazione del presidente Usa per le scelte di Netanyahu. Dall’altro lato, evidenzia il quotidiano, Biden ha “resistito alle pressioni interne di funzionari e alleati democratici per fare di più per frenare la campagna israeliana e soprattutto per condizionare i futuri aiuti militari allo Stato ebraico”. Tutto questo nel delicato anno del voto. Il 5 novembre 2024 si terranno le elezioni presidenziali e l’elettorato democratico non è contento di come il suo presidente sta gestendo il conflitto, riporta un sondaggio del New York Times. Alcuni consulenti di Biden, aggiunge il Wall Street Journal, “sono sempre più preoccupati che il suo sostegno alla guerra di Israele a Gaza rischi di danneggiare le sue prospettive di rielezione in un contesto di crollo del sostegno dei giovani elettori”.
Su Rafah intanto alle pressioni della Casa Bianca si sono aggiunte in queste ore quelle di Canada, Australia e Nuova Zelanda. I tre stretti alleati Usa hanno pubblicato una dichiarazione congiunta, dicendosi “gravemente preoccupati” per la possibile operazione, definendola “catastrofica”. “Esortiamo il governo israeliano a non seguire questa strada. Semplicemente non c’è nessun altro posto dove i civili possano andare”, si legge nel comunicato. I tre paesi invocano inoltre con un’urgenza “un cessate il fuoco umanitario immediato”. La tregua, aggiungono, non “può essere unilaterale. Hamas deve deporre le armi e rilasciare immediatamente tutti gli ostaggi”. Allo stesso tempo si chiede a Gerusalemme di seguire la strada dei negoziati. Un percorso invocato anche nella recente mozione approvata dal Parlamento italiano. Ma sul piano dei colloqui tutto è congelato. Netanyahu ha ritirato ieri i suoi delegati dal Cairo, dove si stanno tenendo le trattative per un cessate il fuoco con Hamas e per la liberazione degli ostaggi imprigionati a Gaza. Il passo indietro di Netanyahu è stato criticato dal Forum delle famiglie degli ostaggi e ha colto in contropiede il suo gabinetto di guerra. In particolare i ministri Gadi Eizenkot e Benny Gantz, due ex capi dell’esercito, hanno contestato la scelta e il fatto di non essere stati consultati.
Un clima dunque di polemiche trasversali, infuocato ulteriormente dalle parole di Martin Griffiths, capo dei soccorsi per le Nazioni Unite. Intervistato da Sky News, Griffiths ha dichiarato di non considerare Hamas un’organizzazione terroristica. “Per noi Hamas non è un gruppo terroristico, è un movimento politico”, ha affermato il rappresentate Onu, generando dure contestazioni da parte di Gerusalemme. “Una vergogna”, ha commentato il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz. “Elimineremo Hamas con o senza il vostro aiuto”, ha aggiunto definendo Hamas, una organizzazione “nazista e terrorista”. Secondo Griffiths è “molto difficile l’eliminazione” di gruppi come Hamas “senza una soluzione negoziata, che includa le loro aspirazioni”.
(Nell’immagine l’incontro nell’ottobre scorso tra Netanyahu e Biden in Israele)