ISRAELE – Il caso Bibas scuote le coscienze
“A differenza del nostro nemico, noi manteniamo la nostra umanità. Dobbiamo stare attenti a non usare la forza dove non è richiesta, a distinguere tra un terrorista e chi non lo è, a non prendere nulla che non sia nostro e a non girare video di vendetta”. In una lettera inviata ai soldati impegnati a Gaza, il capo delle forze armate israeliane Herzi Halevi ribadisce ancora una volta la differenza tra Tsahal e Hamas. Dichiarazioni arrivate 24 ore dopo la diffusione delle crude immagini del rapimento il 7 ottobre della famiglia Bibas dal kibbutz Nir Oz. Video in cui si vedono i terroristi di Hamas portare via la madre Shiri con i due piccoli Ariel e Kfir, di 4 e un anno. Del loro destino non si sa nulla, ma il portavoce dell’esercito Daniel Hagari non ha nascosto la propria preoccupazione. “Quelle immagini sono strazianti e ci ricordano con chi abbiamo a che fare: brutali rapitori di bambini”, ha commentato il premier Benjamin Netanyahu. Per poi promettere: “Regoleremo i conti con loro”. Parole a cui ha reagito Ofri Bibas, sorella di Yarden, il padre di Ariel e di Kfir, anche lui rapito, ma non insieme alla moglie e i figli. “Prima di regolare i conti con i rapitori, riportiamo indietro gli ostaggi”. “Questa deve essere la prima priorità, prima di tutto, non c’è tempo. Chiedo ai leader del mondo, all’Unione europea, al primo ministro, al gabinetto, al presidente, a tutti, di fare ogni cosa per riportare questi bambini a casa, per riportare questa famiglia a casa, insieme a tutti gli ostaggi”.
Un altro membro della famiglia Bibas, il cugino di Shiri, Aylon Keshet, ha accusato le organizzazioni internazionali di aver tradito la loro missione. “Dovrebbero occuparsi di un problema come questo e invece ci hanno mancato di rispetto e accusato, quando noi stavamo solo cercando di riavere un bambino, suo fratello e i suoi genitori”. Intervistato dai media israeliani, Keshet ha concluso con un commento carico di dolore e rabbia. “Non vogliamo seppellire tre generazioni di una sola famiglia”. Il 7 ottobre a Nir Oz i genitori di Shiri Bibas erano stati brutalmente assassinati da Hamas.
Le trattative sugli ostaggi al momento sono in stallo, mentre la guerra a Gaza prosegue. A Khan Younis gli scontri più duri. Qui le operazioni militari sono verso la conclusione, ha reso noto l’esercito, dopo che decine di terroristi sono stati eliminati nelle ultime ore. Qui in battaglia è stato ferito gravemente il sergente Maoz Morell, 22 anni, la scorsa settimana. Oggi Tsahal ne ha annunciato la morte: è il 236esimo soldato a cadere dall’inizio dell’operazione nella Striscia.
Una guerra, ha confermato il capo dell’esercito Halevi, che sarà “ancora lunga”. Ai soldati ha ribadito, replicando alle accuse risuonate all’Aja, un concetto chiaro: ““Non siamo impegnati in omicidi, vendette o genocidi. Siamo venuti per vincere e sconfiggere un nemico crudele”. Un nemico che con le stragi del 7 ottobre ha segnato intere generazioni. Parlando a una conferenza di ynet, Yaffa Ben-David, guida del sindacato degli insegnanti, ha descritto la situazione dei bambini delle aree in prossimità di Gaza. Piccoli traumatizzati che raccontano attraverso i disegni la propria sofferenza e l’orrore vissuto. Ben-David ha sottolineato come a prendersi cura di questi ragazzi siano al momento i maestri, ma come sia necessario istituire un sistema professionale che si curi di loro. “Una vittoria militare non sostituirà la necessità di affrontare il loro trauma”, ha spiegato.