GAZA – Israele: Non abbiamo sparato su convoglio umanitario

Per Israele l’incidente di giovedì mattina, in cui sono morti circa cento palestinesi durante la consegna di aiuti umanitari nel nord di Gaza, può essere uno spartiacque. Dopo le accuse dei terroristi di Hamas all’esercito israeliano di aver sparato deliberatamente contro la folla, Tsahal ha fornito una ricostruzione dettagliata di quanto avvenuto. “Non abbiamo sparato contro il convoglio umanitario, lo abbiamo messo in sicurezza”, ha affermato il portavoce militare Daniel Hagari. “Mentre queste forniture umanitarie vitali si dirigevano verso i civili bisognosi, migliaia di gazawi hanno teso un’imboscata ai camion (38 in totale). Alcuni hanno iniziato a spingere e calpestare violentemente altre persone fino a provocarne la morte e saccheggiando le forniture umanitarie”. Oltre a questo episodio, spiega l’analista militare di ynet Ron Ben-Yishai, quasi in concomitanza ci sono stati altri due incidenti. Nel secondo “individui armati, probabilmente terroristi di Hamas o membri di altre organizzazioni terroristiche, hanno sparato sulla folla per allontanarla”. Nel terzo, la folla, mentre cercava di avvicinarsi agli aiuti umanitari, si è spinta a pochi metri dalle forze di Tsahal. “I soldati si sono sentiti minacciati, hanno sparato colpi di avvertimento in aria e poi hanno sparato ai piedi della folla che avanzava”, scrive Ben-Yishai.
Nelle prossime ore, prosegue l’analista, Israele porterà ulteriori prove per mostrare che “la maggior parte delle vittime si è verificata in situazioni in cui l’esercito non era coinvolto. Dobbiamo sperare che Israele riesca a confutare le affermazioni palestinesi, che sono chiaramente esagerate e false”. Alcuni giornalisti internazionali erano presenti e hanno raccolto testimonianze di palestinesi che confermano che gli autisti hanno investito diverse persone e come molte altre siano state calpestate.
“Tuttavia, la battaglia per l’opinione pubblica in questa vicenda è ancora in corso e potrebbe avere implicazioni sia per la continuazione dei combattimenti sia per i negoziati per un accordo sugli ostaggi”, sottolinea Ben-Yishai. Hamas ha fermato le trattative per la liberazione dei 136 rapiti e spera di usare l’incidente del convoglio umanitario a proprio vantaggio. La Francia ha chiesto un’indagine internazionale, puntando il dito contro Israele. Meno duri gli Stati Uniti, che però chiedono di fare chiarezza.
Nel mentre, scrive l’analista di Haaretz Amos Harel, “il caos e la disperazione a Gaza stanno aumentando, il mese di Ramadan si sta avvicinando” e l’incidente di giovedì potrebbe “infiammare l’atmosfera anche in altri ambiti, come la Cisgiordania. L’impatto degli eventi potrebbe estendersi a paesi musulmani e arabi, che già accusano Israele di massacrare i civili”. La pressione internazionale potrebbe costringere Gerusalemme a fermare le operazioni militari prima di aver raggiunto i suoi obiettivi.
Il problema, come mette in evidenza anche Ben-Yishai, è la gestione del territorio nell’enclave. Tsahal è riuscita in questi 147 giorni di conflitto a sconfiggere militarmente Hamas in molte aree di Gaza. Ma “l’esercito non ha abbastanza forze per controllare l’attività civile in tutte le zone della Striscia, e ogni caso di attrito prolungato con la popolazione rischia di portare a ulteriori tragedie”, sostiene Harel.